Molti di noi avranno visto la prima ballroom grazie alla serie Netflix “Pose”, e sicuramente avranno tantissime domande sulle regole di una ballroom e soprattutto sui suoi riferimenti culturali e stilistici. Noi siamo qui per questo!
La Ballroom culture è una sottocultura queer americana, nata e sviluppatasi nei sobborghi di New York (Harlem), in seno alla comunità afro e latina. È incentrata su competizioni che si chiamano “ball”, in cui i partecipanti divisi in “houses” si sfidano in categorie, cercando di mantenere la maggior coerenza possibile con il tema, vincendo dei trofei. La giuria in generale è composta da personaggi importanti della scena o artisti di rilievo.
La Ballroom scene come la conosciamo noi, basata sulla competizione tra “houses”, nasce negli anni 70. Le Ball, però, esistevano già da fine 800 quando drag queen e personaggi queer si riunivano clandestinamente, per sfidarsi sulla passerella indossando abiti del sesso opposto (all’epoca la legge perseguiva anche due uomini che ballavano insieme, figuriamoci il travestitismo).
Nel 1964 si tiene la prima Ball ufficiale. Siamo nell’epoca del proibizionismo, al tramonto del sogno americano, e la polizia si stava accanendo con particolare fervore contro la comunità queer. Da li a poco, nel 1969 avrebbero avuto luogo i Moti di Stonewall e la nascita del moderno movimento di liberazione gay.
Per gli appartenenti alle minoranze, le ballroom rappresentavano dei luoghi sicuri in cui poter esprimere liberamente la loro identità di genere e orientamento, nonché la possibilità di vivere la loro favolosità tra copie e originali abiti griffati e passerelle glamour che rievocavano i lussi della società bianca cis-eterosessuale.
Ma su queste isole felici aleggiava una nuvola scura, lo spettro dell’HIV. Non si sapeva come trattare l’infezione e la comunità queer venne letteralmente decimata nell’incuranza più totale dello Stato. Le vite, e le morti, dei sieropositivi sono ben raccontate nella serie Pose di Netflix.
Se invece volete approfondire l’argomento ballroom vi suggeriamo il documentario “Paris is burning” ispirato alla “Paris is burning ball” organizzata nel 1981 da Paris Dupree, della House of Dupree.
Una “ballroom competition” ruota intorno alla competizione tra “houses”. Esse non sono delle semplici squadre, ma vere e proprie famiglie sul modello di quella tradizionale.
In ogni “house” troviamo i “parents” che guidano e si prendono cura della famiglia, e possono essere uno o due (“mother” e “father”). Essi possono essere affiancati da membri anziani della comunità queer come i “grandparents”, e ovviamente ci sono i “kids”, ovvero i figli della “house”. Alcuni figli, che si sono distinti nelle ball, vengono investiti del titolo di “princes” o “princesses” e sono i candidati favoriti per diventare i nuovi “parents”.
Spesso questi ragazzi venivano accolti nella “house” dopo essere stati cacciati dalla loro famiglia di origine, e per questo i “parents” svolgevano a tutti gli effetti il ruolo di genitori. Le “houses” costituivano quello che oggi definiremmo una “casa rifugio”.
La prima “house” fu quella di La Beija e a seguire la house of Extravaganza, of Ninja, of Pendavis, of Dupree, etc. A partire dagli anni 90, complice l’uscita del singolo “Vogue” di Madonna, che fa appropriazione culturale di una delle tecniche di ballo caratteristiche della Ballroom scene, le “houses” aprono capitoli in molte altre città statunitensi, ma anche europee ed asiatiche. La diffusione di internet, e dei contenuti video gratuiti, ha fatto il resto.
Ma come si entra in una “house”? Facendosi notare aspettando una proposta. Infatti, si può partecipare alla “ballroom scene” anche non essendo membri di una “house”. Chi si esibisce “in incognito” viene definito uno 007. Queste persone di solito cercano di mettere in mostra le loro qualità sperando di ricevere una proposta di affiliazione.
Questo meccanismo ricorda vagamento quello delle gang e delle mafie che fiorivano nella New York degli anni 70, ma la “ballroom scene” è fondata sulla non violenza, salvo quando si tratta di fare un po’ di sano “shading”! All’interno di una “ball” non è consentito il contatto fisico, infatti, se avvenisse anche accidentalmente, il concorrente verrebbe squalificato. “Le ball non sono uno sport di contatto”, semicit.
Le “ballroom competition” vengono organizzate dalla singola “house” che tenderà a dargli un taglio preciso in base ai suoi principi e valori, sceglierà la giuria che valuterà rigidamente la congruenza con il tema e l’IMC, ovvero il commentatore della gara. Ogni categoria ha un tema e dei criteri di accesso come: genere e/o espressione di genere, focus e “mandatory”, ovvero obblighi da rispettare.
Una delle cose più sorprendenti è la modernità delle categorie, molte delle quali nate negli anni 70. Infatti, l’accesso non è subordinato al sesso (come accade negli sport), ma di fatto, neanche in base al genere (come si cerca di fare negli sport), ma in base all’espressione di genere. Ad esempio, nella categoria “Female Figure” troviamo donne cis e trans, ma anche uomini in drag. Ultimamente si stanno cominciando a rappresentare anche le identità non-binarie o fluide.
In molte categorie esistono delle ulteriori specifiche che possono essere relative all’esperienza dei concorrenti o a caratteristiche fisiche. Allora troviamo: virgin, beginner e legendary, oppure big boy e big girl, oppure, sfide in team o in coppia.
I concorrenti nella “ballroom scene” vengono chiamati “walkers”, e non è consentito sfidare un membro della propria “house”. Essi hanno pochissimo tempo per esibirsi e cercare di conquistare i cosiddetti “10s”, ovvero il voto massimo della giuria. Questo gli consentirà di accedere alla fase successiva, eliminandosi in scontri uno contro uno, fino ad avere un vincitore. Per ottenere il massimo non basta avere il miglior fisico o i migliori abiti, ma occorre essere i migliori interpreti in passerella! Occorre personalità!
Se la giuria non riscontra un alto livello di congruenza con il tema, assegna dei “chop”, che sostanzialmente equivalgono all’eliminazione. Si può scherzare su tutto ma non sul fashion!
Vi elenchiamo alcune delle specifiche che potreste trovare nel volantino di una ball:
Indicazioni di genere:
Butch Queen (BQ): uomini gay cissessuali;
Femme Queen (FQ): transessuali MtF;
Butch Queen Up in Drag (BQUID): uomini in drag;
Butch (B): lesbiche;
Men (M): uomini eterosessuali;
Male figure (MF): coloro che hanno espressione di genere maschile;
Women (W): donne cissessuali;
Female Figure (FF): coloro che hanno espressione di genere femminile
Open To All (OTA): Aperto a tutti, indipendentemente da genere, espressione e orientamento sessuale.
Focus:
Runway: attenzione sul modo in cui si sfila;
Fashion: attenzione al miglior outfit;
Face: attenzioni al viso, alle sue espressioni e al make-up;
Performance/Voguing: attenzione alla tecnica di ballo;
Realness: attenzione alla credibilità dell’interpretazione;
Sex Siren: attenzione al sex-appeal dei partecipanti;
Body: attenzione al corpo.
Quando pensiamo alla “ballroom scene” la fantasia corre subito alle pose plastiche e ai movimenti sinuosi del vogueing. Il vogueing è una tecnica di ballo nata e cresciuta nella “ballroom scene”, viene praticata percorrendo una passerella come se si stesse sfilando per una griffe, e consiste in una sequenza di pose bidimensionali, che potremmo definire a favore di camera. Le pose si ispirano alle copertine della celebre rivista di moda Vogue, come ai geroglifici egizi, alle pose militari, alle arti marziali ed infine alla breackdance. È una tecnica unisex e vieta il contatto fisico.
Una leggenda narra che il vogueing nacque nelle carceri americane, dove i detenuti gay si cimentavo in queste danze per intrattenere gli altri detenuti, cercando di ricavarsi un loro posto all’interno dell’ecosistema carcerario.
Esistono diversi stili, e noi ve ne elencheremo alcuni dei più famosi:
Old way vogue: il ballerino sfrutta principalmente le braccia e le gambe, parallelamente o perpendicolarmente al terreno, per realizzare una serie di pose estremamente geometriche.
New way vogue: è una sorta di evoluzione dell’old style. Le braccia e le gambe si contorcono freneticamente intorno al viso e al corpo creando delle vere e proprie illusioni ottiche.
Vogue femme: è uno stile che predilige la sinuosità dei movimenti e forse è quello che ha reso il vogueing famoso in tutto il mondo. Esso possiede 6 figure principali: Hand Performance, Catwalk, Duckwalk, Spin, Dip e floor Performance. (Chi ha seguito tutte le stagioni di RuPaul Drag Race saprà bene cos’è un Dip!).
Ma non fatevi ingannare da questa classificazione! Questi stili non si escludono a vicenda, anzi, ognuno aggiunge ed amplia il set di pose disponibili per i ballerini!
Ma adesso dedichiamoci al panorama italiano relativo alla ballroom scene. Per questo abbiamo intervistato Giorgia e Anna, rispettivamente padre e madre, della Kiki House of Munera:
1) Quando nasce la Kiki House of Munera e perché avete scelto questo nome?
La KhOM nasce a settembre del 2017 dalla scissione programmata di un grande gruppo (House of Awanawaack ) esistente dal 2011. Il nome è stato scelto tra un rosa di proposte perché è una parola latina che significa molte cose, tra cui dei tributi che pagavano le famiglie patrizie per finanziare i giochi dei gladiatori all’interno del Colosseo. Da questo concetto riassumiamo alcune nostre principali caratteristiche: la romanità come nucleo geografico portante, l’identificazione col personaggio affascinante del gladiatore e la protezione verso i più deboli.
2) Qual è la differenza tra una house classica e una kiki house?
La Ballroom scene si divide in Main Scene e Kiki Scene. La Main Scene è la scena nata fin da subito, quella diciamo più “seria” e improntata alla competizione. La KiKi scene nasce negli anni ’90 soprattutto per divulgare importanti informazioni all’interno della scena (prevenzione HIV e malattie sessualmente trasmissibili ecc) ed è vista ancora oggi in America la scena in cui fare esperienza per poi competere nella Main Scene. In Italia, in realtà, prendiamo molto seriamente anche la Kiki Scene.
3) Qual è la filosofia e i principi della vostra house?
La filosofia della nostra House è la massima onestà e umiltà nel porsi con gli altri, membri della scena e non. Ci sono molte dinamiche all’interno della ballroom scene che cerchiamo di evitare, alla nostra base poniamo un po’ di sano pelo sullo stomaco e al contempo una consapevolezza, sia dei nostri pregi che dei nostri difetti.
4) Quali caratteristiche deve avere una persona che vorrebbe affiliarsi alla vostra house?
Una persona o è Munera o non lo è. È difficile rispondere con degli aggettivi che siano tutti coerenti tra di loro. L’essere umano è bello nella sua complessità. Munera è forza ed umiltà, è impegno e Coerenza, ma è anche fragilità e sensibilità.
5) Come si sceglie in quale categoria gareggiare?
L’identità nel ballroom è la cosa fondamentale ed anche la più difficile da ricercare. E l’identità è anche (ma non solo) delineata dalle proprie categorie. Diciamo che il procedimento si basa sulla sperimentazione. Una persona meno esperta ci sta che provi più cose, piano piano tra vittorie e sconfitte capirà il suo posto nella scena. E non è detto che sia quello da cui sei partito, non è che detto che sia quello per cui sei tagliato.
6) Per partecipare ad una ball occorre essere dei ballerini?
Assolutamente no. Paradossalmente le categorie ‘’ballate’’ sono molte poche rispetto al numero totale delle categorie possibili in una ball (che in realtà sono infinite). E anche in quelle dove la componente della danza è più forte, un non ballerino può avere il suo spazio e il modo di esprimersi. È un allenamento differente, un approccio differente. E nelle categorie ‘’non ballate’’ molto spesso il danzatore, che entra come tale nella scena, è in difficoltà.
7) Parliamo un po’ della ballroom scene italiana. Quando ha cominciato a diffondersi questa cultura?
La prima ball italiana risale al 2014 e ci piace come scena far risalire a quel periodo la nascita dell’Italian Ballroom Scene. Ma prima di questo c’è stato molto lavoro fatto da alcune persone per far sì che, prima il voguing e poi la ballroom scene, fossero conosciuti nel nostro Paese e noi due siamo tra quelle persone che lo hanno fatto.
8) Come è arrivata in Italia la ball room culture? Considerando che noi non abbiamo grandi comunità afro, latine o americane, e che la comunità queer è molto frammentata. Mettiamoci pure che siamo un paese fortemente conservatore…
Come accennavamo nella risposta precedente, prima della Ballroom Scene, è arrivata la danza, il voguing. Quindi il nostro lavoro è stato quello di andare a ricercarne le origini, scoprirne e decifrarne la cultura e portarla qui. All’inizio è stato difficile avvicinare e far incuriosire la comunità LGBTQ+, almeno per noi a Roma, ma pian piano le stelle si sono allineate e il duro lavoro ha portato all’incontro delle realtà. Sì, l’Italia resta un Paese molto conservatore, ma nella nostra esperienza, avendo collaborato con diverse realtà romane, abbiamo cercato di aprire molte porte e molte menti mettendoci a tavolino, spiegando cosa volevamo portare ma soprattutto il perché lo facevamo.
9) Quali sono le differenze tra la scena italiana/europea e quella americana?
Innanzitutto, la longevità e di conseguenza l’esperienza e la conoscenza. Per un walker americano che inizia ora a partecipare alle ball, avere a due passi da casa Icons e Legends della scena che possano guidarlo e possano guidare la scena stessa con rispetto della tradizione sicuramente fa una grande differenza. Nonostante questo, in Europa abbiamo diverse persone che con grande impegno hanno costruito scene solide nei vari Paesi. In più essendo ancora “freschi” nella Ballroom Scene secondo me abbiamo un entusiasmo diverso di quello Americano.
Leggere questo articolo vi ha messo curiosità rispetto alla ballroom e al mondo del vogueing? Allora vi consigliamo di visitare la pagina Instagram di Penne in Salsa Gaia in cui nei prossimi giorni verranno pubblicati diversi contenuti relativi all’evento tenutosi il 23 ottobre a Latte Fresco, nella location di Largo Venue.
In conclusione, mi sento in dovere di ringraziare Giorgia e Anna per essersi prestate alla nostra intervista, per averci concesso di usufruire dei contenuti pubblicati nel profilo instagram @caffeeballroom, e ovviamente, per le incredibili esibizioni che hanno eseguito venerdì scorso, insieme agli altri membri della Kiki House of Munera.
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