Conigli Bianchi contro la sierofobia – Intervista a Luca Modesti

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Cercare di distruggere quel tipo di “pre-conoscenza” collettiva, che è poi una pre-ignoranza, è il senso ultimo di tutto il progetto Conigli Bianchi”. Luca Modesti

MP5

L’Organizzazione Mondiale della Sanità del 1988 ha indetto in quell’anno e per la prima volta, la giornata mondiale della lotta all’AIDS. Sono passati 29 anni, e molti sono stati i progressi e i risultati raggiunti. Nonostante l’HIV sia un virus non ancora debellato, in molte parti del mondo si è raggiunta una consapevolezza tale da ridurre al minimo i rischi. Ciò, purtroppo, avviene quasi solamente nei paesi sviluppati e più ricchi. La lotta all’AIDS è una questione culturale e di prevenzione, mentre la cura è una questione economica visti i prezzi per i medicinali che arrestano il processo di replicazione del virus. Ma il primo dicembre non è solo prevenzione e cura, due aspetti ovviamente fondamentali, ma è anche la giornata dell’informazione. Informare quindi, ma non sottovoce, è l’ora e il momento, di gridare che chi ha contratto l’HIV non deve essere un “soggetto marchiato a vita”.
Ed è in questo processo culturale che entrano in gioco i Conigli Bianchi, artivisti e artiviste che hanno dichiarato guerra a un mondo che odia e teme la sieropositività.
Il loro fine, usando le loro stesse parole, è quello di “fare una rivoluzione parlando di sangue ma senza spargerlo, aprendo un discorso pubblico sul tema, rompere il silenzio che circonda l’Hiv, fare prevenzione fornendo informazioni aggiornate e sollevare le persone che vivono con Hiv da un inutile stigma”.
Per conoscerli più a fondo abbiamo intervistato Luca Modesti,artivista dei Conigli Bianchi, ma prima di iniziare vi facciamo queste domande, prese dal loro sito coniglibianchi.it.
“Ti faresti curare da un medico Hiv positivo? E andresti ancora da quel tatuatore che ti piace tanto se sapessi che è sieropositivo? E se fossero gli insegnanti dei tuoi figli ad essere sieropositivi, saresti felice? Ma sopratutto: andresti a letto con una persona che ti rivela di avere l’Hiv? Saresti in grado di amarla? Ammesso che fosse nei tuoi piani, troveresti saggio metter su famiglia proprio con questa persona?
 
Se anche solo una risposta a queste domande è NO, hai già un ottimo motivo per seguire i Conigli Bianchi”.

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Luca Modesti a Milano presso la 16a European AIDS Conference.

DOMANDA.Se dovessi raccontare la nascita dei “Conigli Bianchi” a chi non li conosce attraverso tre parole specifiche, quali utilizzeresti?
RISPOSTA.Mi vedrei costretto a utilizzare: visibilità, sieroconsapevolezza e ficaggine.

 

D.“Sogniamo di fare una rivoluzione parlando di sangue ma senza spargerlo”. I Conigli Bianchi si presentano con una delle più belle dichiarazioni d’intenti mai lette. Ricca di poesia e potenza. E che ha a che fare con la formula della narrazione. Come trovi sia cambiata la comunicazione sul “sangue” e quanti passi credi manchino ancora per “allargare” le coscienze?
R.Di passi da fare ne mancano tanti, ma speriamo siano passi di danza! Se continueremo a percepire l’HIV come una questione mortifera, o esclusivamente medica, non avremo mai un sincero desiderio di confrontarci con l’argomento.
La sfida che ci poniamo è proprio questa: rendere attraente la faccenda meno “cool” degli ultimi 30anni, dimostrare quanto un virus invisibile può, se lo si guarda in faccia e non si volge lo sguardo altrove, stravolgere le nostre relazioni affettive in meglio.
La maggior parte delle infezioni avviene all’interno di coppie stabili. Questo unico dato basterebbe da solo a far crollare quella narrazione che divide la società in santi e peccatori. L’insidia non è mai stata nella cosiddetta “promiscuità”, non più di quanto stesse nelle famiglie tradizionali, bensì nell’ignoranza, clamorosa oggi quanto ieri.
Per cominciare questo cammino forse sarebbe buono passeggiare meno attorno alle chiese, luoghi dove i giudizi in materia di comportamenti sessuali diventano spesso pregiudizi universali e dove ci si abbevera ogni domenica del “sangue di cristo”, che da un punto di vista culturale è il più infetto di tutti.

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H HIVEOUT – LOOP

D.Le forme artistiche scelte credo aiutino da un lato ad abbattere sempre più i tabù legati alla sieropositività, dall’altro dichiarano quanto il tema riguardi tutti. Da artivista quali sono i bilanci legati all’obiettivo prefissato? C’è ancora chi crede di appartenere a categorie percepite come non coinvolte?
R.Non ho elementi per fare veri bilanci, ma è sempre incredibilmente formativo per me assistere alle reazioni di chi si avvicina ad una nostra mostra o installazione. Il primo istinto quando capiscono l’oggetto delle nostre illustrazioni è quasi sempre quello di fuggire (motivo per cui abbiamo gradualmente eliminato il fiocchetto rosso che purtroppo funzionava come spauracchio già da lontano).
Poi abbiamo registrato varie reazioni ricorrenti: non mancano mai scongiuri e gesti scaramantici; i sensi di colpa che portano a ripetere ossessivamente che si conosce benissimo il tema, come a scongiurarci di non approfondire e sfuggire così a una conversazione imbarazzante perché di mezzo c’è il sesso; immancabile il “non mi riguarda” e “preferisco non sapere”, che ricorre più di quanto avrei creduto e che puntualmente mi interroga su quale sia il valore di tutti questi mazzi di rose e di questi ‘ti amo’ che pronunciamo, soprattuto se non ci si è mai fatti un test dell’HIV in tutta la vita.

 

D.Da artivista e sieropositivo immagino tu abbia sentito in prima persona e in modo amplificato i cambiamenti e le trasformazioni legate alla percezione del tema. Puoi narrarci le tappe più significative di tale trasformazione?
R.In prima persona ho conosciuto l’ignoranza, perché era la mia. Non avevo idea del fatto che oggi, una persona con HIV seguendo la terapia non fosse in grado di trasmettere il virus ad esempio. E ricordo di non essere stato particolarmente coraggioso o curioso di fronte ai disclosure sierologici di alcuni miei potenziali partner sessuali. Anzi.
La percezione del tema in questo senso assomiglia a quel film sul giorno della marmotta in cui ogni giorno in cui Bill Murray si risveglia sempre nello stesso istante: non si romperà mai il silenzio finché le persone che con il virus già ci vivono non troveranno la voglia di uscire allo scoperto e visibilizzare la propria condizione. Non è facile, qualunque lavoro tu faccia percepirai il rischio tangibile di perderlo, che tu lavori come chirurgo, o come insegnante, o che tu rivesta un ruolo pubblico, ma è necessario che queste battaglie fratturate che ciascuno di noi si ritrova a vivere nel privato diventino pubbliche, per evitare di ripartire da zero ogni volta, per provare segnare un cambio culturale.
Quando 5 anni fa lo dissi al mio compagno attuale mi rispose “Hai tirato fuori un bel coniglio dal cilindro!”… e da lì è iniziato tutto. Il percorso che abbiamo fatto assieme nei mesi successivi è stato sì razionale e di approfondimento scientifico, ma in realtà è stato più emotivo e ci ha restituito tutto il peso dei nostri pregiudizi, sedimentati dentro di noi dalle elementari. Cercare di distruggere quel tipo di “pre-conoscenza” collettiva, che è poi una pre-ignoranza, è il senso ultimo di tutto il progetto Conigli Bianchi.

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Laura scarpa

D.Puoi parlarci della campagna “La tana dei luoghi comuni”?
R.La prima nostra campagna è stata una collezione di 17 leggende sull’HIV illustrate da 17 fumettist* italian* padroni degli stili più diversi. Ciascuno di loro ha scelto un grande classico della demenza popolare e lo ha esorcizzato a suo modo. L’idea era cercare di coinvolgere attivamente chi ci si trovava di fronte, tanto su carta quanto sulle caselle girevoli in stile Paola Barale della nostra installazione. Ogni didascalia a commento dell’immagine racconta qualcosa di falso, e l’unico modo che si ha per scoprire la verità è rovesciare la cartolina, rovesciando in questo modo il luogo comune fisicamente e simbolicamente. Si trovano sul nostro sito tutte, assieme alle biogroafie degli artivisti che hanno regalato le loro matite alla causa.
Quella che colpisce di più è forse quella di Laura Scarpa, che racconta come lo sperma negli occhi può essere rischioso quasi quanto il famigerato sesso anale non protetto, trattandosi della mucosa più esposta del nostro corpo. Ma anche quella di Elena Guidolin sulla PEP, il trattamento post-espositivo che se assunto entro 3 giorni da un rapporto a rischio riduce drasticamente la probabilità di contagio. Un’opzione gratuita e accessibile per legge per tutti i cittadini europei, ma che in Italia si fa finta che non esista per motivi che sfuggono alla mia intelligenza.

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Silvia Rocchi

D.Quale rapporto ha Conigli Bianchi con la Comunità Scientifica?
R.Dipende. Le case farmaceutiche le amiamo molto poco. I prezzi e lo stress a cui sottopongono il sistema sanitario pubblico sono una vergogna e dovremmo tutt* preoccuparcene di più. Sarà che ci dichiariamo i nipotini di Keith Haring e di ACT UP, ma sul fatto che il loro obiettivo sia continuare a far girare il criceto nella ruota non c’è dubbio. Se così non fosse, visto che parliamo di comportamenti sociali e sessuali, una volta nella vita le avremmo viste finanziare anche campagne di comunicazione che non puntassero tutto solo sulla paura, ma che ambissero a innescare un cambio culturale effettivo.
Comunque non nego che è stato un anno di inattese soddisfazioni, siamo stati all’ICAR, la Conferenza Italiana su HIV e AIDS, dalla quale abbiamo riportato a casa una coccardina rossa con su scritto Best Poster Award; abbiamo potuto organizzare una grandissima mostra all’EACS, la Conferenza Europea che si è svolta questo autunno e che è stata una conferma importantissima per noi, e siamo appena stati invitati a fare il panico anche a quella mondiale, che si terrà la prossima estate ad Amsterdam, segno che il nostro approccio leggero è evidentemente apprezzato da tante e tanti membri della comunità medica.

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Locandina della festa organizzata con Glamda e Serata Amorucci presso LARGO Venue – Roma

D.Quali sono i prossimi passi dei Conigli Bianchi?
R.Fare festa fino all’alba questa sera alla festa che organizziamo con Glamda e Serata Amorucci, (eveno facebook: clicca qui ) e poi moltiplicarci come conigli, incontrare persone che abbiano voglia di sconigliare assieme a noi, fare progetti con noi, trovare assieme i fondi per produrre finalmente delle vere e proprie storie a fumetti, o perché no uno spettacolo teatrale, anzi, un bel musical queer! Vedremo, di sicuro la megalomania resta un po’ il principio di coerenza del tutto! 

 

Intervista realizzata per noi da Elena Giorgiana Mirabelli, redattrice e responsabile progetti di Arcadia book&service.

 

Contatti
Sito: coniglibianchi.it
Instagram: instagram.com/coniglibianchi
Facebook: facebook.com/coniglibianchi

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