“…quando scattiamo fuggiamo da ciò che ci circonda, nonostante cerchiamo di rappresentare la realtà nuda e cruda così com’è, la fase di scatto è sempre un forte anestetico dai problemi, dalle ansie, dalle preoccupazioni, talvolta anche un malessere o un dolore fisico scompare in quei momenti.”
Alessandra Pace & Fausto Serafini fanno e faranno parlare di se per molto molto tempo.
Li osservi attraverso le loro foto e subito ti senti catapultato in un film di Richard Kern, con un sottofondo musicale che spazia tra Lydia Lunch, Sonic Youth e tutto ciò che puo’ ricordare gli anni del movimento No Wave.
Ma questa è solo una delle sfaccettature del duo.
Si perchè, osservando le loro foto si nota un background vasto, articolato, complesso, di spessore.
Amano la musica e il cinema e ciò si avverte in ogni scatto, alcuni dei quali sembrano fotogrammi ripresi da film di Larry Clark, e personalmente ciò mi crea un estasi interiore paragonabile ad un orgasmo.
Si conoscono nel 2005 nella loro città, Pescara e dopo due anni decidono di aprire insieme un club elettro-punk-rock nel centro storico. Lo gestiscono per sei anni fino a quando decidono di venderlo e di cambiare vita.
I due decidono di comprare una casa in campagna e di trasformarla in un bed & breakfast ed è proprio qui entra nel loro mondo quella che è e sarà una loro fedele complice:
La macchina fotografica.
Iniziano a fotografare e a fotografarsi. L’uno il modello dell’altra, e viceversa. Un viaggio nella loro intimità, ma non solo, perchè Fausto e Alessandra immortalano tutto ciò che è il loro mondo.
Nacque così “Ho te”, il loro diario intimo fotografico, affermandosi nel mondo della fotografia come tra le novità più interessanti in assoluto.
Ora diamo spazio alle loro parole, e alle loro foto, prima però mettete sul piatto l’album “In My Eyes” dei Minor Threat, versatevi una birra ghiacciata, mettevi comodi e preparatevi a esplorare il mondo di Fausto Serafini e Alessandra Pace.
Intervista a Alessandra Pace e Fausto Serafini
di VcomeVagina
Domanda.In un’intervista rilasciata a BECAUSE EILEEN, avete dichiarato che il vostro approccio alla fotografia è nato come cura e come fuga dalla routine, è ancora così?
Risposta.La sensazione che proviamo mentre scattiamo è rimasta invariata, è tuttora una terapia, quando scattiamo infatti fuggiamo da ciò che ci circonda, nonostante cerchiamo di rappresentare la realtà nuda e cruda così com’è, la fase di scatto è sempre un forte anestetico dai problemi, dalle ansie, dalle preoccupazioni, talvolta anche un malessere o un dolore fisico scompare in quei momenti. Tuttavia maturando e facendone una professione, bisogna anche saper bilanciare il tutto con la consapevolezza che appunto adesso ci serve anche per vivere, insomma, come dire, non è più, purtroppo, solo quello.
D.”Ho te” è un progetto fotografico di un anno fa, un quaderno d’amore, a cura di Impossible Maranello, che portate avanti giorno per giorno, si potrebbe defirla un’idea in continuo divenire. Come immaginate sarà rivedere quegli scatti fra qualche anno?
R.In realtà “ho te” nasce prima di un anno fa, nasce dalle primissime foto scattate fra noi e non nasce in polaroid, o meglio non solo. La prima volta è stato esposto tre anni fa a Reggio Emilia, nel circuito off di fotografia europea. In quell’occasione invitammo Alan Marcheselli al vernissage, all’epoca non eravamo ancora amici ma lui, con l’umiltà che contraddistingue i grandi, non esitò a confermare la sua presenza, dicendoci anche che aveva già in mente di venire e così fu. Il giorno dopo, inaspettatamente trovammo una sua recensione molto positiva su Facebook. Poco dopo ci contattò proponendoci di farne una raccolta di quaderni d’amore con cadenza annuale. “Ho Te” è sempre stato e sempre sarà in divenire. Non sappiamo dirti come sarà tra qualche anno, possiamo però dirti che più andiamo avanti, più foto abbiamo che raccontano la nostra storia, più ogni volta che lo riguardiamo, ci coinvolge e ci invoglia e ci dà la spinta ad andare avanti, perché capiamo che ne vale davvero la pena.
D.Il vostro è un sodalizio a 360°. Siete in due a tirare le fila dei vostri lavori, un deus ex machina a quattro mani. In che modo si sviluppa un vostro scatto?
R.Non è sempre nella stessa maniera, nel caso di “Ho Te” non sono mai studiati, essendo un diario di vita quotidiana, che perdipiù toglie spazio ai tecnicismi a favore della spontaneità e dell’ emotività, è ogni volta tutto deciso sul momento, in base a cosa ci è accaduto, al nostro umore o a qualsiasi cosa che comunque ci fa dire “ok scattiamo, immortaliamo questo momento”. Anche per quanto riguarda “girls, girls, girls!” non sono mai studiati, sempre per la voglia di raccontare la verità, seppur talvolta scomoda a dispetto di una favola patinata, e sempre per la voglia di dare spazio al sentire del momento e della situazione che si crea tra noi due e il soggetto fotografato. Tutt’al più ci limitiamo a scegliere la location e l’outfit. Per noi ogni ragazza che fotografiamo rappresenta una nuova conoscenza, e uno scambio di esperienze e di emozioni. Se non conosci prima la ragazza, non puoi tirar fuori la sua personalità, la sua essenza. Per tutti questi motivi non c’è mai uno stesso modo di sviluppare uno scatto, l’unica cosa che rimane sempre comune è l’adattamento al soggetto appunto, all’ambiente in cui si svolge il lavoro, e alla sinergia che si crea tra noi due in quei frangenti.
D.“Quando si è nudi, tutto è più naturale” sosteneva Ren Hang. Ho trovato un po’ di lui nei vostri ritratti, ma anche un po’ di Juergen Teller, potrei sbagliarmi, quindi, senza ulteriori indugi, ditemi, c’è un artista che amate particolarmente e che cercate di omaggiare nella vostra fotografia?
R.Senza ombra di dubbio Ren Hang e Juergen Teller sono tra i nostri preferiti, se vedi in noi qualcosa che ti riporta a loro, non possiamo che esserne orgogliosi, ma credo avvenga involontariamente, sotto forma di background culturale che inevitabilmente esce fuori, poiché il fotografo fotografa sempre se stesso e tutto il mondo che ha dentro di sé. Oltre quelli già nominati, per noi restano idoli incontrastati Nan Goldin, Richard Kern, Todd Hido, Antoine D’Agata, Terry Richardson, Larry Clark, Dash Snow, ma non cerchiamo ne vogliamo omaggiare nessuno (fatta eccezione se un giorno dovessimo decidere di fare un progetto teso ad un omaggio per l’appunto)
D.A proposito di nudità, com’è il vostro rapporto con la censura?
R.Ti riferisci a quella cosa che distrugge le foto nella loro armonia e rende volgare ciò che non lo è? Pessimo, ogni volta un pugno allo stomaco. Se invece ti riferisci alla censura nella società, ci fa solo provare pena e dispiacere per tutti coloro che non riescono ad avere un buon rapporto con la loro sessualità e con il loro corpo, ovvero con la loro stessa natura, potrebbero vivere più sereni e sentirsi più appagati, se solo provassero ad uscire un pizzico fuori dalle norme imposte da una cultura ottusa e bigotta.
D.La maggior parte dei soggetti dei vostri scatti sono donne. La scelta delle modelle è lasciata al caso o selezionate in base a dei criteri, fisici e non, particolari?
R.Anche in questo caso la scelta avviene in base allo scopo del lavoro che andiamo a fare. Comunque il criterio non è mai basato sulla bellezza, non nel senso canonico almeno, piuttosto cerchiamo un’attitudine, un modo di essere, che possa avvicinarsi al nostro. Quando troviamo una ragazza simile a noi e caratterialmente e a livello di background e nel modo di pensare e di affrontare la vita, si crea quella magica combinazione ed è in questi casi che otteniamo i risultati migliori.
D.Avete in cantiere qualche quaderno d’amore o un’ idea, per ora acerba, che vedrà, spero presto, la luce del vostro flash?
R.Dopo il secondo “ho te” in polaroid siamo stati contattati da una casa editrice americana che ci ha proposto di fare un’edizione per gli usa…noi siamo intenzionati perché per ovvie ragioni nei primi due c’è solo una piccola parte del nostro viaggio, quella in polaroid per l’appunto ma noi abbiamo un mare di foto in 35mm, crude e punk che non ancora vedono la luce e che vorremmo condividere, inoltre ci piace l’idea di sdoganare il tutto prima fuori da questo buco nero che è ormai l’Italia. Abbiamo anche un progetto di doppie, triple o quadruple esposizioni, a seconda della posizione, nel quale vogliamo rappresentare un kamasutra di tutte le cose sessuali che ci attirano di più ma che non si possono fare in due…i protagonisti comunque saremo sempre solo noi due anche se ci vedrete coinvolti in orge ma solo tra di noi.
Intervista realizzata per noi da VcomeVagina
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