Vi starete chiedendo tutti cosa c’entrano Harry Potter, il femminismo e l’omofobia. Bene allora se non riuscite a vedere la connessione vi consiglio di leggere questo articolo!
Se c’è una cosa su cui non abbia mai avuto dubbi è su quale sia il mio libro preferito: Harry Potter! E non mancano di certo gli snob che ti deridono, perché – è un libro per ragazzi! – Sarà così, ma HarryPotter ha avuto un forte impatto nella mia vita, tanto da farmi un tatuaggio a tema. 23 anni fa, il 30 giugno 1997, fu pubblicato a Londra il primo libro: “Harry Potter e la Pietra Filosofale”.
Da piccolo non sono mai stato un amante della lettura, i miei genitori dovevano obbligarmi. E poi, un caldo pomeriggio di luglio di 20 anni fa, mio padre mi portò in libreria e mi disse – Sai ho letto di questo Harry Potter, credo ti possa piacere. Perché non provi a leggerlo? – Io ero un po’ titubante, ma alla fine decisi di dargli una chance. E fu una delle scelte migliori della mia vita: per cinque giorni rimasi incollato a quelle pagine, notte e giorno. E continuai con la stessa passione fino all’ultimo libro. Volendo citare un’altra saga famosa, avevo avuto il mio “imprinting”.
Familiarizzare con quel ragazzino nascosto nel sottoscala di Privet Drive era stato semplice: anche io ho avuto un’infanzia complicata, vivevo in una realtà provinciale improntata sull’omofobia, non avevo molti amici e spesso ero quello strano perché non mi piacevano le stesse cose che piacevano agli altri. Invece, con Harry Potter ed Hogwarts avevo trovato il mio rifugio, un modo per evadere dalla realtà, sperando di avere anche io una rivalsa, ed essere accettato per quello che sono.
Hogwarts rappresenta un modello di famiglia. Un luogo sicuro dove sentirsi protetti ed accettati, la famiglia che tutti gli adolescenti diversi vorrebbero. La casa di Grifondoro esalta i valori di lealtà, coraggio e libertà. La bellissima e drammatica storia di Piton e il sacrificio di Silente raccontano la potenza dell’amore. I dissennatori sono una magistrale metafora della depressione, la sensazione di non poter essere mai più felici. Voldemort, invece, rappresenta l’individualismo spietato della società moderna e i suoi mangiamorte sono le élite sociali magiche che hanno ridotto in schiavitù sostanziale la “classe sociale” degli elfi domestici.
Credo fermamente che la saga di Harry Potter sia stata la più grande campagna contro il bullismo di tutta la storia. Io personalmente sento di dovere molto alla Rowling. Forse tutto.
Detto ciò, quando ho letto le affermazioni deliranti della Rowling sulla transessualità sono rimasto semplicemente sconcertato. Distinguendo e mettendo in salvo la sua opera, vorrei entrare nel merito della questione. La Rowling non è transfoba, la Rowling è diventata una donna assolutamente priva di qualsiasi empatia. In gergo, una stronza!
Nel suo saggio su twitter rivela (non per la prima volta) di essere stata vittima di abusi, sostenendo che il riconoscimento delle donne trans, in qualche modo, toglierebbe visibilità al tema della violenza sulle donne.
Questa idea di femminismo (TERF – Trans Exclusionary Radical Feminism) ignora completamente decenni di ricerca scientifica sull’identità di genere; è basata sulla malsana idea che le donne trans non siano altro che uomini travestiti, sulla confusione tra sesso biologico e identità di genere, ed infine, su una visione binaria del mondo in cui le donne e gli uomini sono biologicamente nemici. In sostanza rigetta completamente l’idea che le donne trans siano donne. – E che fai quindi? Te metti il nemico in casa? Ma anche no. – Per questo le TERF non ritengono le donne trans neanche parte del femminismo. La Rowling è arrivata addirittura a sostenere che le trans non siano vittime di discriminazione.
Rowling ci dovrebbe spiegare perché: se non è il “sangue” o la stirpe a determinare un mago o una strega, perché dovrebbero essere i genitali che vengono assegnati alla nascita a determinare l’identità di genere di un babban*?
L’adolescente, vittima di omofobia come me, è ufficialmente in lutto. L’adulto che sono diventato anche grazie a lei, invece, mi chiede di fare una riflessione. Che la Rowling non avesse avuto una vita facile non era un segreto. In molte interviste ha raccontato delle difficoltà affrontate per ottenere credibilità ed autodeterminarsi. Questa frustrazione e la voglia di riscatto, sono stati il motore propulsivo per la scrittura della saga di Harry Potter che è, e resterà, un vero e proprio manifesto di rivalsa per tutti gli oppressi e gli emarginati.
Purtroppo, il successo, anziché sedare la frustrazione, sembra averla trasformata in rancore, e il rancore in desiderio di vendetta. Da oppressa ad oppressora! A voi non ricorda niente questa trasformazione? Che so… Ad esempio un mago prodigio, figlio di un babbano, che nutrito dal suo desiderio di vendetta divise la sua anima in sette parti perdendo ogni capacità di empatia e che, infine, cambiò il suo nome in Lord Voldemort!?
Cara J. K. Rowling mi dispiace ma hai bisogno di una visita all’ospedale San Mungo per farti rimuovere questo incantesimo confundus che ti sta ingarbugliando le idee.
Ma adesso spendiamo qualche parola in più sul femminismo TERF. Questa idea di femminismo risale alla seconda ondata e non mira a scardinare i ruoli di genere ma perpetra pregiudizi sia sul sesso maschile che femminile, tant’è che alcune persone tendono a descriverlo come “patriarcato coniugato al femminile”. Sostiene idee antiscientifiche riguardo l’identità di genere, e per questi motivi, oggi solo una percentuale minoritaria delle femministe si rifà a queste teorie.
In Italia l’organizzazione che è più vicina all’ideologia TERF è ArciLesbica, e questo crea non poco imbarazzo tra i membri del circuito ARCI. Negli ultimi giorni, però, anche l’organizzazione “Se non ora quando” ha espresso posizioni vicine alla Rowling e al femminismo TERF, chiedendo la modifica di alcune parti del DDL Zan (Legge contro l’omofobia, transfobia e misoginia).
In sostanza, è stato chiesto che venisse sostituito il termine “identità di genere” con “transessualità”. Ma questi termini, per ovvi motivi, non sono sinonimi. Non tutte le persone con identità di genere non conforme al binarismo uomo/donna sono transessuali. Prediamo ad esempio le persone queer.
Inoltre, le femministe di “Se non ora quando” hanno sentito il bisogno di farci sapere dalle pagine di Repubblica il loro fastidio per aver visto una legge contro la misoginia accoppiata ad una contro l’omotransfobia. Si sono sentite offese per essere trattate come una categoria (un modo carino per non dire minoranza), non “come metà del genere umano” – Ehi! Pronto!? Ma tutto a posto!? Perdonateci se anche noi frocyx non amiamo essere ammazzati di botte da un famigliare o dal branco! – Ecco che ritorna la retorica TERF secondo cui: “dare visibilità ad una minoranza toglierebbe spazio alle donne”. Ci stanno dicendo, neanche troppo velatamente, che esistono discriminati di serie A – perché gruppo maggioritario – e discriminati di serie B. E occhio a non mischiare i gruppi!
Personalmente credo che questa paura abbia radici profonde. Quando il movimento omosessuale stava nascendo e ancora non esistevano i gender studies, i movimenti femministi erano già molto consolidati (200 anni di storia alle spalle) e le donne per molto tempo hanno avuto il primato della discriminazione. Ed oggi pare che non vogliano assolutamente mollarlo! – Me cojoni! Meglio di un terno al lotto! –
Dopo la Seconda guerra mondiale, però, ai movimenti femministi si sono affiancati quelli per i diritti civili degli afrodiscendenti e poi quelli per gli omosessuali. Abbiamo scoperto che il patriarcato non opprimeva solo le donne, ma tutte le minoranze che non si identificano con il prototipo di maschio bianco etero cisgender abile. Così nacque il concetto di intersezionalità, ovvero, che ogni discriminazione dipende dall’intersezione di diverse identità sociali e che per capire questi fenomeni non ci si può limitare a considerarne solo una. Ad esempio, i problemi di una donna bianca in America non sono gli stessi di una donna nera sempre in America.
Attiviste degli anni 70 e boomer vari, rassegnatevi! Il mondo è diventato un posto complesso e non potete ostinarvi a considerarlo con le categorie del secolo scorso! Le categorie di uomo e donna non sono più sufficienti a descrivere la realtà, ed essere un gruppo maggioritario non vi dà il primato della discriminazione. Siamo tutti accomunati da una battaglia, la distruzione del cis-etero-patriarcato bianco abilista! Per me, un maschio bianco omosessuale, è un onore lottare e manifestare vicino a tutte le altre categorie oppresse. Anche se non vi appartengo. E mi piacerebbe che fosse un onore anche per voi lottare e manifestare al mio fianco.
Quindi, con buona pace delle femministe di “Se non ora quando”, è giusto che il DDL Zan inserisca l’omotransfobia e la misoginia – insieme – a pieno diritto tra i crimini d’odio elencati nella legge Mancino, ovvero quelli razziali, etnici, religiosi o nazionali! Anzi, per i principi di intersezionalità, è fondamentale che siano elencati tutti insieme consentendo di inquadrare meglio la radice di ogni singolo caso d’odio.
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