L’HIV è un virus che si trasmette in un certo modo. E basta! Non è una punizione, non è una condanna, non deve essere motivo di vergogna, stigma o isolamento sociale.
Questa è la settimana dell’anno dedicata alla prevenzione contro l’HIV. In Italia, il “Piano di interventi contro l’AIDS” risale a ben 30 anni fa, legge 135/90, e da allora nulla è stato aggiornato. Ma la società nel frattempo è cambiata eccome! Siamo cambiati noi, sono cambiate le nostre abitudini sessuali, esistono nuovi modi per proteggersi dal virus, ed è cambiato il modo di curare questa infezione, è cambiato di poco anche il virus. È cambiato persino la struttura del sistema sanitario che con la riforma del Titolo V della Costituzione ha delegato la sanità alle Regioni, e con essa la lotta alla diffusione dell’HIV. Quello che è restato sempre uguale è lo stigma.
Ma prima di iniziare direi di fare una quadra su alcuni termini che ai molti potrebbero risultare alieni. Innanzitutto, l’HIV è il virus dell’immunodeficienza umana (Human Immunodeficiency Virus), esso causa un’infezione che se non trattata provoca la sindrome da immunodeficienza acquisita, AIDS (Acquired Immune Deficiency Syndrome). HIV e AIDS non sono la stessa cosa, chi è entrato in contatto con il virus non sviluppa automaticamente la sindrome da immunodeficienza acquisita.
Il virus dell’HIV si trasmette principalmente tramite rapporti sessuali in cui avviene il contatto di sangue e/o secrezioni genitali. Può avvenire anche per via ematica (scambio di siringhe) o per via verticale da madre a figlio (per maggiori info e dettagli vi rimandiamo al sito del Ministero della Salute). La trasmissione NON avviene tramite la saliva, lacrime, sudore, urine, punture di zanzara, condivisione di spazi comuni, baci e carezze.
Sono considerati a rischio i rapporti sessuali senza uno strumento barriera (condom, femidom, dental dam) o altri strumenti di prevenzione come la PREP. Il rischio dipende dal tipo di comportamento messo in atto e, soprattutto, dalla quantità di virus presente nel sangue o nelle secrezioni genitali della persona con HIV. In ordine decrescente sono considerati a rischio le seguenti pratiche: penetrazione anale, penetrazione vaginale, sesso orale (solo per chi stimola con la bocca i genitali del partner, chi riceve la stimolazione NON corre alcun rischio).
Il rischio di trasmissione è massimo nelle prime settimane dopo l’infezione. Invece, è nullo quando una persona con Hiv è in terapia con farmaci efficaci, che mantengono persistentemente la carica virale a livelli non misurabili da almeno 6 mesi. In questo caso si parla di U=U, ovvero, Undetectable = Untrasmittable (Non rilevabile = Non trasmissibile).
Il coito interrotto non protegge dall’HIV, così come l’uso della pillola anticoncezionale, del diaframma e della spirale. Le lavande anali o vaginali, dopo un rapporto sessuale, non eliminano la possibilità di contagio. I rapporti sessuali non protetti possono essere causa anche di altre infezioni sessualmente trasmesse (sifilide, gonorrea, herpes, epatite, etc…).
Un nuovo metodo per proteggeri è la PREP, ovvero, la profilassi pre-esposizione all’HIV, consiste nell’assumere un farmaco contro l’HIV prima di avere rapporti sessuali. Correttamente assunta da persone sieronegative è efficace nel prevenire l’infezione da HIV. Le persone che assumono la PREP devono essere seguite da un infettivologo che monitora eventuali effetti collaterali, che tuttavia sono rari, e la presenza di altre infezioni sessualmente trasmesse. La PREP è acquistabile in farmacia e, al momento, il costo della PREP è a carico dell’interessato.
Il protocollo attualmente prevede che le compresse siano assunte in due modalità:
QUOTIDIANAMENTE: una compressa al giorno
AL BISOGNO: due compresse da 2 a 24 ore prima del rapporto sessuale, seguite da un’altra compressa a 24 ore di distanza dalla prima assunzione ed infine un’altra compressa dopo altre 24 ore.
In Italia la PREP non è ancora molto diffusa e le persone che ne fanno uso sono spesso soggette a slut shaming, in altre parole vengono accusate di essere promiscue (per usare un termine diplomatico). In realtà è un ottimo modo per vivere la sessualità in modo più sereno, sentendosi più protetti a prescindere dalla quantità e dal tipo di sesso che si pratica. Inoltre, nel Regno Unito la PREP è diventato uno dei principali strumenti di prevenzione, sta facendo crollare il tasso di contagio dell’HIV. I risultati sono così incoraggianti che lo Stato ha deciso di fornirla gratuitamente alle categorie a rischio, risparmiando sulle terapie per la cura dei sieropositivi.
La PEP, invece, è la profilassi post-esposizione, puoi richiederla in pronto soccorso o in un reparto di infettivologia se pensi di essere entrato in contatto con il virus dell’HIV (rottura del preservativo, ferita con un oggetto contaminato da sangue infetto, condivisione di siringhe, violenza sessuale, etc…).
La PEP va iniziata non oltre le 48 ore dopo l’esposizione al virus dell’HIV e il trattamento dura 30 giorni. Prima la si prende e più alte sono le probabilità che il virus non inizi a riprodursi. La PEP è una soluzione di emergenza e non un metodo di prevenzione, per quello c’è la PREP.
La terapia antiretrovirale, invece, è per le persone già sieropositive. Queste terapie bloccano la riproduzione del virus nelle cellule, riducendo, la carica virale a zero. L’HIV non è più una condanna a morte, ma ciò non vuol dire che possiamo abbassare la guardia e smettere di proteggerci. L’obiettivo è, e resta, debellare il virus.
La terapia antiretrovirale consente alle persone con HIV di avere una buona qualità di vita, grazie al basso impatto sull’organismo e ai pochi effetti collaterali, inoltre ricordiamo il concetto di U=U (Undetectable = Untrasmittable). Ciò, non solo consente di prevenire ulteriori contagi, ma dovrebbe incoraggiarci nell’abbattere lo stigma sulle persone HIV+.
Dopo questa lunghissima digressione in cui ci tenevamo a farvi una panoramica sui termini relativi al discorso sull’HIV, vi vorremmo parlare dello stigma che colpisce le persone sieropositive, ma anche tutte le categorie che al virus vengono associate.
Lo stigma è un marchio, ovvero una caratteristica fisica che attira discriminazioni basate su pregiudizi morali e sociali. Non è semplice da riconoscere perché le vittime non sempre si identificano con la caratteristica oggetto d’odio, infatti, è la società che definisce i “diversi” attribuendovi arbitrariamente dei marchi distintivi.
Un esempio lampante è l’HIV, nonostante sia un virus che può colpire chiunque, la società ha posto un marchio distintivo su omosessuali, migranti, tossicodipendenti e sex worker, tutte categorie di “diversi”. Tutti colpevoli di agire contro la morale, cosa che li porterà inevitabilmente a contatto con il virus (lo stigma, in questo modo, viene anche strumentalizzato per negare i diritti civili).
Badate che lo stesso meccanismo colpisce anche le persone positive al Covid. Queste vengono stigmatizzate, ree di aver preso parte alla movida, avere comportamenti dissoluti o uscire durante la pandemia. Ed ovviamente, in una società di anziani, lo stigma colpisce i giovani, i “diversi”.
Lo stigma associato all’HIV (come quello al Covid) ha un alto costo individuale e sociale. Lo stigma non previene la trasmissione dell’HIV, ma la favorisce. Le persone possono essere così spaventate di essere associazione al virus da non sottoporsi ai test, continuando ad alimentare il contagio, impedendo il tracciamento dei contagi e peggiorando la propria salute.
La discriminazione delle persone HIV, o presunte tali, è considerata dall’Alto Commissariato per i Diritti Umani dell’ONU come la prima causa di fallimento delle campagne di prevenzione della malattia.
L’HIV è un virus che si trasmette in un certo modo. E basta! Non è una punizione per un tuo comportamento, non è una condanna a morte, non deve essere motivo di vergogna, stigma o isolamento sociale. Prendetevi cura di voi stessi, fate i test ed effettuate tutti i trattamenti che vi vengono prescritti. Gli unici che vanno isolati sono quelli che escono di casa con le crocs ai piedi. Grazie!
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