Mauro Serra è un fotografo fine art, pubblicitario ed ex neuroscienziato.
Nasce ad Ortona nel 1986. Fin da piccolo si dedica all’arte, prima con la pittura, poi con la musica.
E’ affascinato dai meccanismi che contribuiscono a creare la soggettiva percezione del mondo, questo interesse lo porta ad intraprendere un percorso di studi sulla cognizione e le neuroscienze che culmina con master in Cognitive Science e un dottorato in scienze psicologoiche e dell’educazione presso l’università di Trento. Nel 2015 trascorre un anno del suo dottorato in Australia come visiting student presso la facoltà di psicologia di Melbourne. In questo periodo ha modo di sperimentare con la fotografia e capisce che può essere una modalità di espressione funzionale alla sua visione del mondo.
Nel 2016 si trasferisce a Milano dove frequenta il corso di fotografia analogica e digitale presso la scuola Cfp Bauer. Dal 2017 in poi lavora come fotografo Freelance. E’ cofondatore insieme a Lucia Del Pasqua (CLICCA QUI per seguirla su Instagram) di Lovoisodo: una “non” agenzia creativa con la quale i due creano contenuti pubblicitàri e campagne social (e non) per le aziende. Tra i loro clienti ci sono importanti brand quali: Crocs, La Cimbali, Mini, Collistar, Crodino, Campari, Deborah Milano, Villa Ascenti, Club Med, Garnier, Hendrix’s jin, Antocostasette Milano, Viganò Milano e altri.
L’interesse per le funzioni cognitive emerge nella sua fotografia e si concentra sul concetto di realtà, soprattutto riguardo a come essa viene interpretata e percepita in modo diverso da ognuno di noi. Il suo percorso sia a livello personale che artistico ha come base una riflessione sulla consapevolezza. In particolare sulla scarsa consapevolezza che abbiamo di ciò che ci circonda e della nostra stessa vita.
Per questo la ricerca fotografica di Mauro Serra mostra la realtà trasformando l’ordinario in straordinario, il disgustoso in scintillante. Quello che abbiamo davanti ai nostri occhi ogni giorno, che spesso ignoriamo, diventa accessibile e attraente grazie ad un’estetica pop e colori saturi. L’obiettivo è catturare lo sguardo, affascinarlo, sedurlo e poi lasciarlo in una posizione scomoda che istighi l’osservatore a riflettere, tanto su questioni sociali rilevanti quanto sulla bellezza ed importanza nascosta degli oggetti quotidiani
Negli anni ha esposto diverse volte presso La Triennale di Milano come finalista del Premio Prina nel 2018, 2019, 2020, Sempre in Triennale ha esposto un suo lavoro come finalista del premio Carlo Ramous 2017 mentre nel 2018 ha esposto presso La Fabbrica Del Vapore in occasione della Milano Photo Week. Ha avuto importanti riconoscimenti in concorsi internazionali come due menzioni d’onore al 7th Fine Art Photo Award (FAPA) nella categoria “Open Theme” e “Fine Art; È stato finalista dell’ HOME ’21 International Photo Prize e pubblicato da Lens Culture;
Ha ricevuto una Menzione d’onore all International Color Award 2020 eduna menzione d’onore da Life Framer per il concorso “Animal Kingdom” è stato terzo classificato al 6th Fine Art Photo Award (FAPA) nella categoria “Open Theme”. Negli anni è stato pubblicato in riviste come “SOLO Fotografia, di Psicografica Editore, Cockroach magazine, Offtherail Magazine, Megazinne rivista, Lezioni di fotografia di Oliviero Toscani e altre.
Mauro Serra per noi ha realizzato uno splendido scatto con la nostra nuova t-shirt “Raffa”, ideata da Michele Mancaniello con la collaborazione di T-Squirt. (CLICCA QUI)
Ciao Mauro e grazie sia per il tempo che ci hai dedicato nel realizzare quest’intervista e sia per lo scatto che hai realizzato per noi. Riguardo a quest’ultimo punto, come nasce la fotografia che ci hai dedicato? E cosa ti ha spinto a scegliere la nostra nuova t-shirt Carrà?
Ciao e grazie a voi per avermi mostrato il vostro interesse.
Diciamo che la t-shirt Carrà ben rappresentava il mio stile pop e colorato, infatti nello scatto ho voluto riprendere questo mood sia con la palette di colori, semplice ma d’impatto, come la maglietta d’altronde, e sia con i props: la parrucca che richiama la Carrà e la banana che strizza l’occhio ad un’altra icona pop nel mondo dell’arte come Andy Warhol, oltre ad essere un chiaro richiamo sessuale.
Fin da piccolo ti sei appassionato al mondo dell’arte. Pima la pittura e poi la musica. Qual è stato il tuo approccio a queste arti? Quali sono i tuoi primi ricordi?
Con la pittura ho usato il più classico degli approcci, sono andato nella bottega di un artista ed ho imparato da lui, mentre con la musica ricordo che la vivevo come una cosa lontana da me, ma i miei amici mi hanno incoraggiato. Anche li ho trovato un buon maestro che invece di insegnarti il classico giro di DO e simili, o farti fare solfeggio, insomma cose noise per un profano, è stato capace di trasmettermi tutta la sua passione. Ricordo che ci fece registrare un’audiocassetta con i nostri pezzi preferiti, e già dalle prime lezioni ci insegnava a suonare quei pezzi, magari erano versioni semplificate ma il fatto di essere in grado, dopo solo due o tre settimane, di suonare uno dei tuoi pezzi preferiti ti faceva sentire onnipotente, da li a diventare una rockstar il passo era breve… Poi ovviamente non è stato così ma il solo percepire qualcosa di simile era sufficiente per farti appassionare allo strumento e alla musica
E poi arrivò la fotografia. Quando ti sei avvicinato a questo mondo? Cosa ti ha attratto?
Per quanto mi piacessero la pittura e la musica non ho mai percepito di avere un vero talento in queste cose, ero bravo ma mi ci voleva sforzo. La fotografia l’ho scoperta tardi alla fine della specialistica/inizio del dottorato. A quel tempo ero fidanzato con una ragazza turca e spesso nei weekend visitavamo l’Italia in lungo e largo, ad un certo punto mi resi conto che finivo sempre per rubargli la macchina fotografica, cosi ne comprai una io, una che mi permettesse di cambiare anche tempi e diaframmi, anche se a quel tempo non sapevo neanche cosa fossero, sapevo solo che volevo “lo sfuocato dietro”. Comunque da li a poco mi resi conto che con la fotografia potevo esprimermi e soprattutto mi resi conto che riuscivo a scattare bene e facilmente (e per me questa è la definizione di talento) ed era l’unica cosa in cui crescevo esponenzialmente nonostante lo facessi nel tempo libero, perché ovviamente ero impegnato con il lavoro. Una volta terminato il dottorato mi sono sentito perso perché non sapevo dove andare, ma allo stesso tempo ho sentito gratitudine per aver scoperto il mio talento, cosa non affatto scontata. Mi convinsi che non potevo passare il 90% del mio tempo a fare qualcosa che non mi appassionava e dedicarci solo il 10%. Perciò presi la decisione di occuparmi di fotografia a tempo pieno.
Le tue fotografie sono accese da colori saturi, fantasiose e a volte ironiche e irriverenti. Pop. Come nasce il tuo stile? Da dove trai ispirazione per i tuoi scatti?
Prima dell’invasione del colore nella mia fotografia ho attraversato diverse fasi, per qualche tempo ho scattato il chiaroscuro ispirandomi alle luci di Caravaggio poi c’è stato il periodo in cui ho scattato desaturato soprattutto con le pellicole, ho usato portra 400 sovraesposta anche di 4 stop per avere un aspetto pastelloso e delicato, mi piacevano molto entrambi gli stili, cosi come mi piace il bianco e nero. Ma c’era qualcosa che mi mancava. Poi un giorno ho dovuto partecipare ad un flash mob in cui mi è stato chiesto di vestirmi tutto di nero… beh non avevo (fatta eccezione per l’intimo) nulla di nero nella vestaglia da guardia. Poi all’improvviso ho capito che sono un ragazzo “solare” mi piacciono tanto i colori quindi perché la mia fotografia non li rispecchia? In quel periodo stavo lavorando ad un progetto personale con Lucia Del Pasqua, una brillante creatrice di contenuti e creativa con la quale lavoro spesso e con la quale abbiamo fatto tanti progetti personali in comune. Il progetto si chiamava “How Barbie Died”, avevamo già fatto una serie dove facevamo morire Barbie con il cibo ma l’accoglienza del pubblico non è stata delle migliori, Le persone trovavano crudele trucidare l’amata bambola della loro infanzia. Consideriamo che a quel tempo l’industria della moda e della fotografia non era stata ancora invasa dalla massiccia comunicazione sul body positive, quindi le persone non capivano del tutto il messaggio tra le righe. Ma sentivo che mancava un’altra cosa. Così, quando abbiamo ripreso “How Barbie Died” con la nuova consapevolezza che avevo del colore, ho cercato di plasmare una luce che fosse “crime” ma anche colorata per essere accattivante e che bilanciasse la crudeltà della Barbie morta. Bene ha funzionato, il nuovo “How Barbie Died” è stato molto apprezzato e abbiamo anche esposto a Milano e venduto stampe fine art di quel progetto. Si può dire che da li si è consolidato il mio stile.
Insieme a Lucida Del Pasqua hai fondato “Lovoisodo”. La definisci una NON agenzia creativa che realizza contenuti pubblicitari e campagna social. Perché quel NON? Qual è il vostro modus operandi e l’immaginario creativo a cui piace attingere per raggiungere le finalità di una campagna?
Le agenzie creative spesso sono creative solo di nome. E più sono grandi e peggio è perché manca quell’aspetto personale determinante. Molto spesso le agenzie sono una barriera tra il cliente ed il lavoro finale che non permette di esprimere al meglio l’identità del brand e spesso costringe anche a sborsare economicamente molto di più rispetto che lavorare con un’agenzia piccola. Noi vogliamo abbattere questa barriera togliere i fronzoli, la scena finta e arrivare al nocciolo creativo senza sperperi di denaro, tempo e idee. Due creativi che lavorano una campagna social lo sono anche se non lavorano in un “coworking open space” ma lavorano al baretto storico sotto casa, le loro idee sono ottime anche se non escono fuori durante un “lunch meeting” ma durante uno spuntino con un panino con la mortadella, non so se è chiaro il concetto! Meno scena più sostanza, perciò quel “NON”.
Avete lavorato con tantissimi brand. Qual è la campagna a cui sei particolarmente legato e perché? E qual è invece un brand/associazione con cui ti piacerebbe lavorare e perché?
Ce ne sono state tante, uno dei lavori più belli è stato sicuramente quello con Citroen che ci ha portato da Milano a Parigi tappa tappa a bordo di macchine storiche allo scopo di documentare il centenario. Con La Cimbali abbiamo fatto per due anni consecutivi un tour in giro per l’Italia nel quale intervistavamo prima persone che entravano al bar a bere un caffè e l’hanno dopo i lavoratori: baristi, produttori di caffè ecc. Loro ci raccontavano le loro storie Lucia Scriveva e io li ritraevo. Più recentemente con Autogrill ci siamo trovati benissimo, hanno studiato il nostro stile e ci hanno lasciato carta bianca per pubblicizzare il WOW burger un Burger vegano che abbiamo avuto la possibilità di rappresentare a modo nostro, ovvero in maniera passionale, sporca, in una parola vera. Credo che immagini così abbiamo molto più impatto rispetto alle solite immagini pettinate e patinate. Non ci credevamo quando ci hanno detto che davvero potevamo sporcare il tavolo e fotografare il burger smangiucchiato!
Non ho mai lavorato con un brand di attrezzatura fotografica, i motivi per i quali mi piacerebbe farlo sono ovvi, ma in generale tutti i brand storici sono molto interessanti.
Ritorniamo al mondo della fotografia. Ci hai raccontato come nasce il tuo stile, le tue fonti di ispirazione. A livello personale però, cosa ti lascia fotografare? Quali sono le emozioni o sensazioni mentre “crei” uno scatto?
Questa è una bella domanda, l’introspezione è sempre motivo di crescita personale quindi vi ringrazio. Cosa mi lascia fotografare… vediamo mi da sicurezza, è forse l’unico campo in cui non dubito di me stesso (o lo faccio in misura minore) perciò ricarica il mio sentirmi capace, sopratutto a lavoro svolto, normalmente sono soddisfatto. Inoltre quando fotografo qualcosa che mi piace che sia un lavoro o un progetto personale raggiungo un livello di entusiasmo altissimo che è immediatamente percepibile dall’esterno. In quel momento è come se la mia vita avesse un senso, anche se sto fotografando un peperone, sto dando dignità a un peperone, è una cosa importante. Lo so lo ha fatto anche Eduard Weston ma evidentemente non basta, perché normalmente la gente quando taglia un peperone non si sofferma ad apprezzare quanto sia bello e ricco di dignità quindi bisogna continuare a farlo. Ovviamente il peperone è un esempio.
Hai realizzato anche degli scatti di nudo e alcuni con riferimenti sessuali in chiave spesso ironica. A volte, leggendo anche la didascalia, la scelta era provocatoria. In altre ritrattistica. Che valenza ha per te fotografare un corpo nudo? Il corpo, l’erotismo, il sesso, sono/possono essere “mezzi” di comunicazione?
Quando fotografo per me non c’è differenza tra un peperone, una lingua di manzo, o un corpo nudo, sono tutti mezzi di comunicazioni potenti, dipende quanto riesci attraverso l’estetica a trasferire il messaggio. Credo che l’arte debba scioccare, attirare per far riflettere perciò se la gente si sciocca con il nudo ben venga, però deve essere accompagnato da una sensibilità artistica e/o un messaggio provocatorio chiaro altrimenti si sfocia nella pura volgarità.
Quali sono i fotografi, creativi, che ami particolarmente? Qualcuno di essi ti ha ispirato?
Al primo posto c’è sicuramente Martin Parr, la sua critica non giudicante alla società moderna, il suo taglio ironico mi fanno impazzire. Anche il motivo per cui usa il colore, può sembrare solo una scelta estetica ma non è così, lui con i suoi toni cosi saturi tipici di un linguaggio pubblicitario, ma applicati alla fotografia di strada dice: Hey non guardate la pubblicità guardate la realtà che è ancora più assurda e interessante. Poi mi piace molto la fotografia provocatoria di Paolo Ferrari che collabora con Maurizio Cattelan nella rivista “Toiletpaper” l’approccio al cibo di Maurizio di Iorio, La rappresentazione con rigore competitivo e attenzione al quotidiano di Stephen Shore e William Eggleston, ce ne sono altre ma queste sono le mie maggiori fonti di ispirazione.
Così come è successo con tanti artisti, abbiamo avuto il piacere di conoscere i tuoi lavori attraverso Instagram. Che rapporto hai con i social? E che ne pensi della censura che queste piattaforma attuano sui corpi?
Mi piace il potere che hanno i social di mettere in comunicazione le persone, non sarei riuscito a fare tutte le collaborazioni che ho fatto agli inizi senza i social a conoscere tante persone del campo. Ma odio quello che sono diventati i social adesso, ovviamente i soldi hanno rovinato tutto, quello che era partito come strumento di condivisione ormai è solo un carosello pubblicitario. Non so se ve ne siete accordi ma sia su FB che su IG il numero di post pubblicitari supera quello dei post non pubblicitari di persone che conosci. É come se guardassimo la tv e andasse in onda sempre la pubblicità interrotta di tanto in tanto da qualche spezzone di film. E noi come idioti non la spegniamo.
Riguardo la censura sinceramente siamo a casa loro, le regole le mettono loro se non ci stanno bene possiamo non scaricare l’applicazione, ma questo non lo facciamo e questo è il problema. Certo è ridicolo che vengano censurate anche le opere d’arte dei musei ad esempio. Ma se un tizio ti invita a casa sua ed ha una statua con i genitali coperti tu non puoi lamentarti, è casa sua fa quello che vuole. I social non sono la vita vera non ci stanno rubando la libertà di espressione, siamo noi che scegliamo di esprimerci quasi solamente sui social.
Hai vinto premi, ricevuto menzioni importanti e sei stato pubblicato su importanti riviste. Qual è stata la tua più grande soddisfazione ad oggi?
La prossima. Mi godo e sono grato di quelle che ho ottenuto ma la più grande sarà la prossima.
Prima di salutarci, un’ultima domanda, uno sguardo al futuro. Stai lavorando o hai in mente nuovi progetti o sogni da realizzare?
Vorrei ampliare il mio portfolio con qualche altra serie interessante e iniziare a cercare una galleria disposta a rappresentarmi come artista. L’obbiettivo è realizzare una mostra personale che non ho ancora avuto modo di fare.
Poi quest’anno ho iniziato ad insegnare fotografia alla Ferrari Fashion School di Milano, l’esperienza mi è piaciuta e voglio iniziare ad organizzare dei corsi privati nel mio studio e delle attività di tutoraggio anche online.
Contatti
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