Paola Malloppo nasce e cresce al sud, in una piccola città della Puglia settentrionale. Poi Foggia, dove studia lettere e costruisce pezzo dopo pezzo la sua identità, anche quella fotografica. A Bologna, dove si trasferisce per la magistrale, comincia a fare seriamente foto di nudo e scopro l’analogico, risparmiando ogni centesimo per comprare rullini e treni per Milano poiché all’epoca (2013-2015) la fotografia era soprattutto lì ed era molto difficile trovare ragazze disponibili in altre zone.
Nel 2016 si trasferisce a Belluno, dove costruisce la sua vita professionale e abbandono un po’ – a causa degli impegni e della distanza – la fotografia seriale; riscopre però la fotografia della calma e degli affetti, scattando soprattutto persone già incontrate nel suo percorso e concentrandosi molto sui cambiamenti (soprattutto suoi). Ora vive a Padova, dove spera di ricominciare a scattare con più frequenza. Ho avuto il piacere di intervistare Paola Malloppo per l’intervista che segue che, oltre a farvi conoscere l’artista, vi darà modo di ammirare alcuni dei suoi scatti. Tra cui quelli realizzati per tsquirt con la t-shirt “Enjoy the Silence“.
Ciao Paola e grazie per aver accettato di partecipare a tsquirt incontra e per l’intervista che mi hai concesso. Parliamo del tuo approccio alla fotografia. Quando nasce? Cosa ti ha avvicinato al mondo fotografico?
Ciao! E grazie per l’invito! La fotografia è stata un modo per esprimermi in un momento molto impegnato della mia vita, perché fondamentalmente era un mezzo comodo; uscivi e se trovavi qualcosa di bello, scattavi; eri ad una festa, ad un concerto, al mercato e potevi facilmente fare una fotografia (all’epoca ti parlo ovviamente di fotografia digitale). Quando è nato questo interesse è stato molto sottovalutato ed è rimasto abbastanza silente finché non ho scoperto il nudo. Lì qualcosa è cambiato, la fotografia è diventata una lente per leggere un mondo (femminile) che fino ad allora era molto sfocato per me, anche se era – fondamentalmente – il mondo a cui appartenevo.
Quali sono i primi soggetti che fotografavi?
Erano gli anni 2010, la fotografia stava avendo un buon revival tra i ragazzi della mia età; le reflex cominciavano ad essere alla portata di tutti… Inizialmente, per timidezza, scattavo soggetti inanimati (sì, ho avuto anche io la mia galleria di foto di pozzanghere), poi sono passata a scattare foto ai concerti, agli amici, alle persone. Man mano che diventavo più brava, i soggetti si allargavano. Ma è ancora così, anche se non pubblico spesso foto che non siano di nudo, scatto molte foto quando sono in viaggio e con gli amici. Il mio limite è solo il peso dell’attrezzatura che ormai non va più d’accordo con la cervicale cronica.
A Bologna scopri l’analogico. Cosa ti affascina della fotografia analogica?
Questo riguarda un po’ il mio modo di essere e un po’ il mio modo di vedere la fotografia. Sono una persona piuttosto impaziente, non so stare ferma, odio le attese; mentre la fotografia analogica è tutto il contrario, chiede fermezza, riflessione. Non puoi scattare trenta foto in un minuto e poi scegliere la più bella perché sicuramente una ci sarà; DEVI fermarti per forza a pensare, a guardare il soggetto, poi lo sfondo; per quanto molte foto sembrino estemporanee e improvvise, c’è un lavoro dietro di forte concentrazione. Per quanto riguarda il secondo aspetto, invece, l’analogico permette di avere un rapporto più diretto con il soggetto. Una volta che hai impostato il lavoro, non c’è più l’ansia del risultato; non lo puoi vedere lì in quel momento e questo ti permette di essere più in contatto con la persona e capirla meglio (che poi questo è proprio il punto di forza delle mie foto, credo).
Nello stesso periodo inizi a scattare con più frequenza foto di nudo. Cosa esprime per te la nudità? Estetica o altro?
La nudità nelle mie foto è tutto: sia in senso simbolico, sia politico che estetico. Simbolico perché chi posa nudo non espone mai – soltanto – il suo corpo, ma mette in gioco tutta una serie di fattori estremamente personali che vanno dal superare l’insicurezza a – al contrario – non avere paura del proprio esibizionismo. Poi la nudità diventa politica nel momento in cui libera i corpi dagli standard della società e dal giudizio che questa dà a chi si spoglia. Se tutte le donne del mondo si mostrassero nude, non esisterebbe più quello stigma verso di noi; non possono giudicarci tutte. Infine, è estetica (e gira e rigira è estetica politica) perché oggettivamente la fotografia ha questo potere di trasmettere il bello, ma anche di influenzarlo, di modificarlo o crearlo da zero. Pensiamo alle foto delle donne mastectomizzate, hanno avuto il potere di modificare in bellezza una cosa che nessuno voleva vedere.
Rimanendo su questo tema. Cosa pensi del modo in cui i social “criminalizzano” i corpi? Perché è ancora osceno per qualcun* la visione di un corpo senza veli? Se pensiamo poi alla guerra ai capezzoli femminili…
Non mi azzardo a dare una spiegazione completa al fenomeno perché è chiaro che esiste una concomitanza di fattori più e meno complessi, ma, ecco, un’osservazione mi sento di poterla fare (sperando di non diventare prolissa e noiosa). I social hanno avuto un effetto incredibile e inaspettato sulla nostra società perché improvvisamente chiunque poteva avere una voce e questa voce diceva cose nuove e diverse e la gente ha iniziato a riconoscere il proprio pensiero in quello degli altri, a fare gruppo, a creare potere (un potere che inizialmente era appannaggio solo di un certo tipo di individui). Il potere dei social è potenzialmente senza controllo, perché viene dal basso, da ogni individuo che possiede uno smartphone… interi Paesi hanno iniziato a silenziare i social, ma a livello più generale, nel mondo cosiddetto occidentale, si è cercato di controllare il più possibile questo potere; non è un caso che ad un certo punto Instagram e altri social abbiano iniziato a ridurre le visualizzazioni dei post di TUTTI e siano diventati sempre più stringenti sulle politiche di nudo, così come sul diritto di parola (si guardi in questi giorni alla guerra tra Israele e Palestina). Lo so che sembrano eventi lontanissimi e imparagonabili e forse qualcuno mi prenderà per matta, ma hanno alla base lo stesso principio: è una lotta per il potere e non si molla un cazzo. Le donne hanno avuto un grandissimo potere dai social perché non hanno più dovuto chiedere agli uomini il permesso di poter parlare o – anche – di potersi spogliare (si pensi all’industria del porno, estremamente maschile, messa in crisi da queste self made girls dal divano di casa loro, con un semplice profilo Instagram). Prima abbiamo parlato di estetica e di come questa possa cambiare il modo di vedere la bellezza ed effettivamente era quello che stava succedendo… guardiamo la rappresentazione femminile nell’industria della moda degli ultimi 10 anni, è stata rivoluzionata dalle voci delle donne che sui social chiedevano rappresentazione. Quando si sono accorti della potenzialità di questa cosa, hanno cercato di toglierle potere, ad esempio al momento sui social è più che accettata la nudità di riviste storiche come Playboy, che possono postare interi corpi nudi senza censura (corpi cosiddetti conformi), ma non è possibile per un’utente qualunque postare una foto al mare in cui ci si copre il seno con le mani.
Ma voi ve lo immaginate il mondo, oggi, se ci avessero lasciato esporre i nostri corpi sulle bacheche di tutti i social!?
Nel 2016 ti trasferisci a Belluno e, scrivi, che passi dalla fotografia seriale alla fotografia della calma e degli affetti. Qual è stato il cambiamento avvenuto in te che ti ha suggerito questa metamorfosi artistica?
Il cambiamento è avvenuto prima di tutto fuori. Per lavorare mi sono trasferita a Belluno. Belluno non è una grande città, non è ben collegata ed è difficile trovare persone da fotografare. Inoltre, sono molto restia, per una sorta di protezione, a scattare ragazze di lì che non hanno mai posato perché lo stigma può essere forte e non sempre si sa prevedere la reazione degli amici, dei parenti o del paese.
Ho fotografato ragazze che mi conoscevano già e che venivano volentieri dalle mie parti, soprattutto modelle di professione perché spesso avevano già set in zona. Riscattarle nel corso del tempo ha significato vedere crescere loro, ma anche me. É un rapporto su pellicola.
Se questa è una bella cosa da esplorare, però, non se ne è mai andata la voglia di scattare quante più ragazze possibili e infatti appena posso, lo faccio; sempre nei ritagli di tempo, però. Bisogna considerare che quando ho iniziato ero una ragazzina di vent’anni che studiava e faceva la baby-sitter, avevo molto tempo libero, mentre adesso sono una persona adulta, sposata, con un lavoro impegnativo…
Il tuo stile fotografico nel corso degli anni com’è cambiato?
Beh, questo non so dirti bene. Sicuramente il grande cambiamento è stato dal digitale all’analogico, per quello che ho detto prima e perché sono cambiati anche gli obiettivi della macchinetta (che non sembra, ma fanno tantissimo in una fotografia). Negli anni sono rimasta abbastanza fedele al mio scopo e al mio modo, su Instagram metto foto fatte un mese fa accanto ad altre fatte anni prima e non vedo una grande differenza… forse tecnicamente sono un po’ migliorata.
C’è una fotografa o un fotografo che ti ha ispirato o che ami particolarmente?
Sì, io ho iniziato a scattare nudo perché ho scoperto un fotografo incredibile, sicuramente un genio nella sua visione, ma non lo amo più perché più ragazze mi hanno raccontato che ha avuto atteggiamenti molesti verso di loro (cosa che purtroppo accade spesso nel mondo fotografico), per cui non ti dirò nomi e non costruiremo altari. Come diceva uno dei miei fumettisti preferiti, “uno può essere un grande artista e un gran pezzo di merda” e io aggiungerei che – quindi – è il caso di non fargli elogi.
Se avessi la possibilità di fotografare una persona celebre del passato o del presente, chi ti piacerebbe fosse e perché?
Mi metti in crisi, ce ne sono tante, da Monica Vitti a Lady Gaga, passando per Bjork… ma semplicemente come grande fan, non per altro. Sarebbe bello avere un momento di intimità così forte con donne che ho ammirato e amato così tanto. Forse, tra tutte, Madonna, perché una volta ho visto una mostra interamente dedicata a lei ed era incredibile nella sua forza espressiva. Tra tutti quei grandi fotografi di fama internazionale che l’avevano scattata, non nascondo che mi sono chiesta “chissà cosa sarebbe uscito fuori con me”.
Paola, un’ultima curiosità prima di salutarci. Quali sono i tuoi progetti per il futuro riguardo la fotografia e quali i tuoi sogni?
Al momento sono un po’ ferma perché oltre al lavoro sto prendendo un’altra laurea ed è davvero faticoso, ma spero di tornare a scattare appena sarò più libera. Mi piacerebbe tornare a fare mostre e magari stampare qualcosa su dei cataloghi collettivi o su un libretto tutto mio. Ammetto che, invecchiando, i social hanno sempre meno attrattiva, mentre prende sempre più piede il bisogno di chiacchierare direttamente con la gente, di parlare di corpi in spazi sicuri ecc. Vediamo un po’… intanto grazie per l’intervista! È sempre un bel momento per fare il punto della situazione.
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