Rituale, un racconto di Mia Sintetica

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Mi ricordo di essere entrata nella vecchia casa tante volte quando vivevo qui. Ho quasi vissuto qua dentro in un certo senso, tanti sono i pezzi di me che ci ho lasciato. Il tempo passato a scopare, a piangere, a scrivere, a esplorare, a nascondermi. Nessuno capiva. Era il mio posto segreto e mi dispiace che non lo sarà ancora per molto. È una vecchia casa contadina come ce ne sono un’infinità qui in giro, con ancora la stalla con gli abbeveratoi per le bestie e un vecchio aratro, sepolto sotto l’erba incolta che lì raggiunge il metro e mezzo. Mentre guardo fuori dalla finestra rotta il sole scendere sui campi di grano, il cielo lilla, penso a quanto ancora sia bella nella sua decadenza. Ero solita vivere nel terrore di quando l’avrebbero demolita, ma anno dopo anno mi è venuta in aiuto la certezza che qui le cose non si fanno in fretta, la lentezza della burocrazia e l’inefficienza di questo paese fanno da balsamo per la paura che ciò che intorno a me vedo di vecchio e malandato sparisca all’improvviso, perché mi ricordano che molto probabilmente invece starà qui ancora per molto. È una delle cose che mi piacciono di più del tornare a casa e tu non l’hai mai capito. Non hai mai capito cosa trovassi di poetico nelle vecchie insegne al paese, quella del negozio di fiori, dell’agenzia di viaggi, dell’azienda di olio d’oliva che sono le stesse da che ho memoria, alcune di loro esistevano prima di me ed esistono ancora.
Tu non capisci che vuol dire. Andare via e tornare e vedere che nulla è cambiato, che qui è ancora tutto lento mentre il mondo fuori corre è come entrare in un’altra dimensione temporale, una che mi fa bene anche quando alimenta i miei demoni. Un piccolo mostriciattolo che mi massaggia dolcemente il cuore anche se ogni tanto ne strappa un pezzo e lo butta via. Ho sempre un piccolo satiro burbero e infantile dentro di me che mi martella l’anima perché non lo lascio mai andare. Mi sono persa di nuovo in chiacchiere astratte, lo so quanto lo odi.
Ti scrivo nel modo più sincero che posso per infastidirti, così magari la smetti di pensare che mi ami ma che io sono stata cattiva, e capisci che non mi ami e basta per quello che sono. In realtà come sono ti fa schifo, ma sono così brava a compiacerti e sono così piena di magia che ti ho mandato in crisi. È una mia specialità. A volte penso che quando ti succhiavo il cazzo te ne passavo un po’ e ti ho infettato le vene come un oppiaceo, e tu che sei così ascetico e che vivi senza sostanze non capivi bene da dove venisse tutta quella voglia di vivere, tutto quel desiderio di fermarti ad annusare i fiori non per lamentarti subito dopo di quanto spesso non puoi farlo, ma per goderti il profumo e basta. Non hai mai vissuto così, e non ci hai mai vissuto neanche quando stavamo insieme. Hai provato. Hai provato a seguire la scia di magia che mi lasciavo dietro, ma sei subito tornato nel noioso mondo degli umani addormentati.
Vivi in montagna e non riesci neanche a sentire la magia dell’ultraterreno che ti chiama. Pensa te. Ad ogni modo, quando sono tornata qui ultimamente avevo un nuovo amico. Non ci sentivamo molto ma l’ho sempre trovato bello. Quando l’ho rivisto ho avuto un desiderio forte di saltargli addosso e quando ho capito che la cosa era reciproca ho deciso di portarlo nella casa. Quando siamo andati, c’erano ancora, nascoste in un armadietto basso al secondo piano, delle latte di vernice. Pensavo di averle esaurite tutte negli anni,
ma ogni tanto ne risbucava sempre una fuori. Quando ero piccola amavo tirarle alle pareti e sporcare dappertutto, tanto a nessuno importava.
Com’è bello avere una casa abbandonata per essere quello che vuoi, un non luogo di purezza e corruzione, che poi alla fine sono spesso la stessa cosa. Ne ho presa una e l’ho scaraventata al muro e una scia di vernice blu si è intrecciata con le macchie arancioni di un’altra latta lanciata chissà quanto tempo prima. Non ha apprezzato il gioco, quindi ho capito che se dovevo divertirmi dovevo fare tutto da me. A volte con gli uomini è così, è divertente stare con loro perché gli spalmi la tua magia addosso e pensi che è da loro che venga, in realtà li stai solo modellando. Come un blocco di tofu, che è divertente da usare proprio perché non sa di niente ma prende il sapore di tutto ciò con cui lo cucini, lo puoi modificare a piacimento a dargli il sapore che vuoi tu, alcuni uomini sono solo bravi a essere pezzi di cartone neutrali, pieni di potenziale inespresso, e diventano fonte di intrattenimento perché sono in grado di riflettere tutto quello che sei. Eravamo in piedi al centro della stanza e gli ho messo le mani attorno al viso e poi l’ho baciato.
Era molto dolce ma per qualche motivo non usava la lingua, il che ho ovviamente trovato molto noioso, ma una ragazza di campagna deve lavorare con quello che trova. L’ho spinto lentamente verso il muro e ho appiccicato il mio corpo al suo e poi ho alzato una gamba mentre gli sentivo l’erezione, ero bagnatissima. L’ho fatto sdraiare per terra e ci siamo spogliati e poi gli sono salita sopra. Quando mi è entrato dentro ha ululato come una bambina. È stato tutto molto bagnato e divertente alla fine.
Quando tu mi hai spezzato il cuore, forse era la nona volta che mi succedeva, ho pensato che non valesse più la pena non andare all’inferno. Ho pensato ci fosse un altro mondo, caldo, accogliente e caotico che mi aspettava e io qui stavo solo perdendo tempo, desiderando di essere altrove. Ho pensato però che non potevo andarmene senza lasciarti la mia presenza addosso per sempre, e visto che mi avevi succhiato così tanta magia e al suo posto mi hai riempito di petrolio, il minimo che dovessi fare era restituirti il favore. Ho chiamato il povero ragazzo un’altra volta per scopare nella casa, prima che arrivasse avevo preparato tutto, avevo disegnato un pentagramma grosso quasi quanto tutto il pavimento e poi coperto con un altrettanto grosso tappeto che non era lì l’ultima volta, ma lui non se n’è neanche accorto, ovviamente. Ho messo candele ai lati della stanza e le ho accese tutte e gli ho detto che era per creare atmosfera e che il sole stava calando e volevo vederlo in faccia mentre godeva, il che non era del tutto falso. Ci siamo sdraiati per terra sopra il tappeto e come l’ultima volta io ero sopra di lui e l’ho cavalcato così bene perché quella sarebbe stata l’ultima scopata della sua vita, se lo meritava. Ho sentito il suo cazzo duro e bagnato riempirmi la fica e mentre lo stringevo poco sotto il collo continuavo a strusciarmi forte su di lui, andando avanti e indietro per stimolarmi il clitoride. Ho pensato a quanta vita stesse scorrendo in quel momento che stava per culminare nel vuoto e lui non lo sapeva. L’ho guardato godere per l’ultima volta, mi sono per un attimo persa nella luce dei suoi occhi tanto li ho fissati e tanto profondamente. Chissà cosa cercavo lì dentro. “Sei pronto?” gli ho detto. “S-sì”, mi ha risposto con la voce mezza rauca e spezzata. Sentivo lo sperma che stava per uscire e le vibrazioni profonde dei nostri corpi e quando mi sono sollevata e piegata col corpo in avanti e ho allungato una mano sotto al tappeto, poco vicino alla sua testa, non aveva idea né gli importava particolarmente di capire cosa stessi facendo.
Mentre sollevavo il coltello con una mano mi sono seduta di nuovo sul suo cazzo e ho sentito il suo orgasmo iniziare, e mentre i suoi versi di piacere sprofondavano nel nulla, ho piegato la lama sul suo collo e ho fatto un taglio profondo da sinistra a destra. Gli occhi spiritati, il sangue che usciva copiosamente, il suo corpo scolpito e sudato. Era tutto così bello e pieno di poesia, ma tu non l’avresti visto. Non avresti capito. Mi sono alzata e gli ho tolto velocemente il tappeto da sotto al corpo, badando bene che il sangue scorresse sul pentagramma. Il modo in cui l’erezione si perdeva perché non c’era più sangue da mandare al cazzo mi ha fatto ridere. Ho preso il sangue con le mani mentre lui era ancora vivo e l’ho spalmato piano piano su tutto il pentagramma. Ho urlato e ho pianto un po’, mi sono assicurata che le mie lacrime bagnassero il pavimento, poi ho svuotato il preservativo e mi sono infilata una mano nella fica e ho spalmato per terra tutto il liquido che sono riuscita a tirare fuori. Ho urlato ancora e poi sono stata in posizione accucciata e nuda, col corpo morto di lui e tutti i nostri liquidi corporei e la luce delle candele attorno per un po’. Sono molto felice di aver trovato un incantesimo che non mi richiedesse di pronunciare parole in latino, ma solo di tracciare dei segni a terra e di spargere un po’ di materia vitale. Sono tutta sporca di sangue ora, penso di essere molto bella, se solo avessi uno specchio per guardarmi. Ho portato con me il mio diario per scriverti tutto questo. So che ti arriverà e mi si scalda il cuore al sapere che tutti leggeranno queste parole ma saprai solo tu che sono per te. Ho portato anche una nove millimetri perché ho pensato fosse uno spreco ammazzarmi senza portare qualche sbirro nell’aldilà con me. E poi non volevo che vedendo me e lui insieme morti avessero pensato che fossimo amanti quando eravamo solo due che scopavano. Era un bravo ragazzo in fondo, e non si merita che la gente pensasse che stava con una come me, che gli ha fatto questo. Comunque, li ho chiamati ma se la stanno prendendo comoda, non so quanto ci metteranno ma non ho fretta. Sto per essere condannata per l’eternità, proprio come volevo, e tu verrai con me. Ho tutto il tempo del mondo. Ho pensato a lungo di lasciarti così, un morto tra i vivi a uccidere altra gente per farla diventare come te, ma poi ho pensato che noi siamo uguali, abbiamo bisogno di un posto al caldo. E uno come te merita la sofferenza eterna. Non vedo l’ora di vederti all’inferno, amore mio.

Rituale, un racconto erotico di Mia Sintetica per Rubrica Senza Filtri.Illustrazione Cyber Gunk e Iwryn
© Cyber Gunk e Iwryn


Biografia Mia Sintetica
Mia Sintetica è una pseudo fotomodella e una performer porno a cui piace scrivere e che ha un sacco di opinioni. Si sente una via di mezzo fra Pippi Calzelunghe e Miele di Manara

Contatti:
Instagram: @sint3ticamia

 

Biografia Cyber Gunk e Iwryn
Cyber Gunk e Iwryn sono artistu multidisciplinare che trattano temi di identità, creazione e confini spezzati con l’utilizzo di immaginari inesplorati e mutanti.

Contatti:
Instagram: @cyb3r_gunk e @iwryno

 

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