Sex Cowboys, dietro ogni finestra c’è un mondo – Intervista a Adriano Giotti

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Ho conosciuto Adriano Giotti nel 2008 fra i banchi della Scuola Holden. Quando si studiavano tecniche di narrazione, si faceva parte della giuria del Tff, si giravano corti e ci si dedicava all’osservazione del mondo per poter raccontare storie.
Dopo il diploma ho seguito la sua carriera fatta di videoclip musicali, cortometraggi e diversi premi.
Perché il talento di Adriano non è passato di certo inosservato.
Nel 2011 viene selezionato all’NCN LAB della Casa del Cinema e riceve la menzione speciale per la sceneggiatura di A Vuoto che nel 2015 nella cinquina al Globo d’Oro 2015 e lo porta a essere inserito nella rassegna Giovani Autori Italiani a La Biennale di Venezia nel 2016. È del 2012 il corto Abbiamo tutta la notte con cui vince il 48 Ore di Torino che lo porta a rappresentare l’Italia al 48 Hour Film Festival di Los Angeles. Dopo due anni, il corto Piume vince l’Amnesty International Award al Giffoni Film Festival ed è stato inserito nella rassegna Giovani Autori Italiani a La Biennale di Venezia nel 2015. Nel 2016 gira due cortometraggi Mostri e Esseri di stelle, prodotto da Rai Cinema. E arriviamo al suo primo film Sex Cowboys che vince miglior film italiano al RIFF – Rome Independent Film Festival 2016.

Di Adriano ho sempre apprezzato la passione e la capacità che ha di farti sentire parte di qualcosa.
È preciso ma sa essere capace di aprirsi all’imprevisto, di concepirlo cioè come qualcosa che potrebbe essere parte del processo creativo.
Per questi e altri motivi sono particolarmente contenta di aver avuto la possibilità di parlare nuovamente in occasione della proiezione di Sex Cowboys.

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La locandina del film

Domanda.Trovo Sex Cowboys un film onesto, politico e intimo. La particolarità sta nel tuo essere vicino ai corpi – feriti, incisi, segnati- e ai volti – intensi e volubili. Questa vicinanza rende il film onesto ed emotivo. La scelta di raccontare la storia dei tuoi protagonisti che scelgono di usare il proprio corpo, lo rende politico.
Quale è stata la strada che ti ha portato a guardare il presente attraverso questa lente?
Risposta.Per me il corpo, in particolare la pelle, è il confine tra l’io e l’altro. Il presente passa per forza attraverso questo confine e di conseguenza attraverso il corpo. Il corpo sa sempre cosa è il presente. Il corpo è anima in movimento. È nervi. È sangue. È vita. È reale. Ed io credo fermamente in un cinema reale.
Non potevo scegliere un soggetto diverso per il mio esordio. Con Sex Cowboys mi sono affacciato al mondo come regista e da sempre l’ho voluto fare con un film vitale, reale e punk. Il reale, l’emozione, è il solo modo per essere onesti. Come diceva Bresson “Nè abbellire né imbruttire”. Questa è onestà. Ed è anche politica. E, soprattutto, è presente.
I protagonisti utilizzano il proprio corpo perché è la loro unica risorsa. Questo, in un certo senso, per me, rappresenta la nostra generazione. Siamo cresciuti in mezzo al niente. Molti di noi si sono perduti per strada o comunque hanno incontrato una strada che non gli appartiene. Ci voleva qualcosa che ci potesse ancorare. Ed il corpo è l’unica cosa che ci ancora al presente. Altrimenti rischiamo di essere volatili e di venire spazzati via. Non volevo raccontare l’ennesimo film triste e deprimente, volevo raccontare qualcosa di dirompente, la storia di due persone che non si abbandonano al vittimismo della vita ma si ingegnano e si danno da fare per trovare la propria strada, per “prenderla” , come dice il protagonista maschile del film “se uno vuole una cosa, la prende”. E questo è lo spirito vitale di Sex Cowboys, il trovare la propria strada, lo sbagliare per imparare invece della paura di sbagliare, insomma l’andare avanti e cercare ogni volta un strada diversa, in continua perenne evoluzione.

D.C’è nel tuo film un’atmosfera che si gioca su un bordo che è nello stesso tempo vitale (l’aspetto ludico del sesso) e mortifero (il suo “consumo”). Almeno questa è la sensazione avuta durante la visione. I corpi sono vitali e riescono a imporsi al nostro sguardo, nello stesso tempo si sottraggono al mondo rinchiudendosi entro pareti. È parte di ciò che volevi descrivere attraverso Sex Cowboys, era già presente cioè in sceneggiatura? O è un aspetto venuto fuori nella dinamica fra te e i tuoi attori?
R.Era già presente in sceneggiatura questo loro ritirarsi dal mondo. Quando qualcosa diventa un’ossessione, ci aliena dal presente. E comunque continuo a credere che il ritirarsi dal mondo, relegato a certi periodi della vita di ognuno, sia fondamentale per la crescita personale.
Ho scelto Nataly Beck’s e Francesco Maccarinelli perché sono attori in grado di vivere il personaggio, di diventarlo fin nel profondo. Avevo già lavorato con loro e conoscevo bene il loro talento e la loro fisicità. Oltre ad una disponibilità totale nel darsi. L’attore deve darsi. Se crede in un progetto deve darsi ed essere reale. E loro lo sono, con i loro corpi, la loro bellezza sporca, i loro tatuaggi e cicatrici (specialmente nel corpo di Nataly Beck’s).
Il tema di Sex Cowboys è che anche la cosa più piacevole, il sesso, se diventa un lavoro, perde di piacevolezza. Loro sono costretti a intraprendere questo viaggio con la gopro e la webcam, a mercificare il proprio corpo, a riflettersi nel loro essere merce, credono di essere migliori, che a loro non farà male, questo viaggio, ma invece anche a loro fa male. Anche se sono vitali e dionisiaci. Perché in Sex Cowboys l’intimità diventa merce. Questo è il consumo. Ed è anche il nostro presente. Ho cercato comunque di raccontarlo in modo diretto, senza essere retorico, perché l’attitudine dei personaggi (e anche la mia) è questa. Quindi loro finiscono in questo vortice ma non se ne rendono conto fino a quando non è troppo tardi. E allora dovranno fare i conti con la loro relazione.

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D.«Dietro ogni finestra c’è un mondo», dice il tuo protagonista. E mi pare quasi essere una dichiarazione della tua poetica. Ti interessano solitudini, ti fai occhio che cerca di andare al di là di quelle finestre. Che tipo di distanza credi debba esserci o non esserci fra l’occhio e qualsiasi tipo di storia?
R.Io sono un cacciatore di storie. Mi piace sporcarmi le mani. Il mio stile di regia è stare addosso ai personaggi, vivere e soffrire con loro, sentire il loro sudore, il loro odore. Perché così è anche il mio stile di scrittura e, in fondo, di stare al mondo. Per questo io cerco di abbattere il più possibile la distanza tra l’occhio e la storia. È anche l’unico modo per far emergere la mia soggettività nel modo più obiettivo possibile. Stare con loro. Il corpo. L’emozione. Il mondo di oggi, la società liquida, è complicato. Io ho scelto di capirlo e rifletterlo attraverso piccole storie in grado di risuonare nei cuori di ognuno.

 

D.Che ruolo assume la musica nei tuoi film? Conosco la tua attitudine per la musica punk, ma ho l’impressione che in talune scelte e tagli, il tuo film sia molto più vicino a dei pezzi di musica elettronica, dove il ritmo, controllato e preciso, è capace di creare momenti di estasi.
R.Per me la musica è fondamentale. Nella vita prima di tutto. Poi nei film.
Certo io suonavo il basso in gruppo punk hardcore ed il punk è la musica che più mi ha fatto sentire vivo fino ad adesso. Ma prima del punk, ho ascoltato molta tecno. Erano gli anni della tecno, del Jaiss, dell’Insomnia discoacropoli d’Italia. Ed entrambi i locali erano vicinissimi alla città dove vivevo, quindi li frequentavo e ne ero felicemente contaminato. Il ritmo, dopo il sesso, è la cosa più istintiva dell’essere umano. E non a caso sia il punk che la tecno si fondono su ritmi ripetitivi controllati e precisi. Per quanto possano apparire selvaggi. L’estasi si raggiunge attraverso la ripetizione. E la musica, nelle mie scene, emerge dal montaggio dei corpi: anche quando non c’è colonna sonora, c’è comunque musica. Il ritmo della vita.

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D.Il film ha avuto diversi problemi distributivi certo legati alla resistenza verso un film particolarmente “esplicito” e realistico. È un film che è stato acquistato all’estero, che ha vinto il R.I.F.F. – Rome Independent Film Festival, eppure… Raccontaci i problemi avuti finora, siamo interessati anche a quanto questi problemi dicano della cinematografia nazionale, credo.
R.Sì, il film aveva vinto il RIFF – Rome Independent Film Festival ed il premio doveva essere la distribuzione del film. Solo che la New Gold Entertainment si è rifiutata di dare il premio. Perché a suo avviso il film era SCABROSO. Abbiamo tentato anche con altre distribuzioni italiane, ma il problema principale, oltre alla mancanza di attori noti al grande pubblico, erano proprio le troppe scene di sesso. Lo stesso Ministero ha definito il film “un film scabroso, laido e repellente alla visione, dove i protagonisti sono disadattati e sbandati senza ambizioni ideali e senza futuro”.
Credo che l’Italia sia abbastanza indietro rispetto al resto dell’Europa e dell’America. In Sex Cowboys il sesso è raccontato in modo diretto perché serve a dare realtà alla storia, anzi è la realtà della storia. Non c’è niente di più reale del sesso. E per questo andava mostrato. Non è un film erotico o porno, è un film che racconta l’intimità di una coppia. Ci vuole coraggio per mostrare certe scene, sia per il regista che per gli attori. E mi sembrava doveroso compiere quest’atto di coraggio.
Infatti all’estero il film è andato molto bene, è stato acquistato in Inghilterra, Germania, Australia, Korea del Sud e Taiwan, è stato selezionato a festival importanti come il Berlin Porn Film Festival e il Vienna Porn Film Festival, ma anche ad altri non di genere come il Cinematik e l’Avvantura, il Chennai in India, insomma il film ha avuto un discreto percorso se si pensa che sia stato prodotto con soli 5000 euro e con una troupe di sole 4 persone: io, il direttore della fotografia Sandro Chessa, la costumista Serena Cortellessa e il fonico Ivano Staffieri.

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D.Il film verrà proiettato a Roma e sta avendo l’attenzione che merita. Dove potranno vederlo i nostri lettori?
R.Il Sex Cowboys Tour inizia a Roma dal 17 al 20 gennaio al Cinema Aquila, zona Pigneto. Siamo davvero grati a questo cinema per il coraggio che ha dimostrato accettando di proiettarci. Poi il film continuerà la sua strada su Milano, Genova, Bologna, Firenze, Torino, Perugia, Lamezia e altre città che via via si stanno aggiungendo interessate dal film e dalle recensioni finora tutte positivissime che stanno uscendo sui principali portali di cinema.
Naturalmente potrete seguire gli aggiornamenti sulle date e le città del tour sia sulla pagina Facebook che su quella Instagram del film. Ce la stiamo mettendo davvero tutta per dare a Sex Cowboys la massima visibilità possibile prima dell’uscita già fissata in dvd con Cecchi Gori Entertainment.

 

D.Quali sono i tuoi prossimi progetti?
R.Una casa di produzione romana ha già acquistato i diritti di una mia sceneggiatura criminale e spietata. Qua è la violenza a diventare reale attraverso il corpo. Ma contemporaneamente sto portando avanti altri progetti, tra cui una storia sulla fede e un’altra sul bondage. Ho già le sceneggiature scritte, ma quello che manca è qualcuno davvero coraggioso da investire su un cinema diverso dalle solite commedie e dai soliti drammi. Un cinema viscerale, che, soprattutto in Italia, manca ancora.

 

Intervista realizzata per noi da Elena Giorgiana Mirabelli, redattrice e responsabile progetti di Arcadia book&service.

Contatti
Facebook: @sexcowboys 
Instagram: @sexcowboys 

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