“Siamo noi. Io, loro e le nostre nudità. Siamo pronti a confessarci, siamo pronti ad ascoltarci, Siamo pronti a toccarci, a sentirci e a fonderci in un corpo solo”. Pasquale Puertosol Desantis
![Fotografia di Pasquale Desantis con la nostra t-shirt Giochi Viziosi](https://www.queefmagazine.com/wp-content/uploads/2020/01/tsquirt-queef-magazine-pasquale-desantis-fotografia-giochi-viziosi.jpg)
Pasquale Desantis, Pasqualino o Puertosol, nasce in Puglia ma è cresciuto e vive a Roma.
Non si definisce, o meglio ancora,non si reputa un fotografo o un modello.
Alla domanda:”Cosa fai nella vita?” ama rispondere:”Il Pagliaccio!”. Per vivere e pagare le bollette fa l’animatore alle feste dei ragazzini ma non solo. Adora tantissimo le situazioni antitetiche. Vivere agli antipodi del tutto e del niente. Essere ricoperto di tattoos, ma farli scomparire del tutto sotto a un frac rosso o a pois.
Le foto del suo progetto fotografico sono fatte con un semplice smartphone, un selfie stick come supporto e il timer preceduto dalla parolina magica “Sorriso” per scattare.
Le ambientazioni dove avvengono le sue foto coincidono per lo più con le comfort zone dei soggetti con cui scatta.
Ci sarebbe tanto da dire sia su di lui che sul suo progetto, ma crediamo sia giusto che sia lui a farlo, attraverso le risposte alle domande a cui lo abbiamo sottoposto per la nostra intervista. Per la nostra rubrica T-Squirt Incontra Pasquale si è raccontato senza risparmiarsi. Noi lo ringraziamo sia per questo e sia per gli splendidi scatti inediti con le nostre t-shirt Giochi Viziosi (CLICCA QUI) e Porno Agricolo (CLICCA QUI).
Domanda. Ciao Pasquale, sono molto contento di ritrovarti seppur virtualmente per chiacchierare con te. Vorrei intanto ringraziarti per aver partecipato al nostro T-Squirt incontra, con i tuoi bellissimi scatti. Ma iniziamo con le domande. Quando nasce questo progetto fotografico?
R. Ciao a voi! È assolutamente un piacere essere qui.
Il mio progetto fotografico, come forse gran parte degli avvenimenti che mi succedono, nasce per puro caso. Non mi definisco assolutamente un fotografo e tutto è cominciato con dei semplici scatti fatti qua e là, tra amici e conoscenti. Col tempo mi sono accorto che tutto questo mi appassionava e che,attraverso le foto, potevo esprimere e tirar fuori qualcosa che avevo dentro, latente.
D. Le tue fotografie sono realizzate con uno smartphone, scelta voluta o casuale?
R. Esatto, proprio così! Per di più utilizzando un semplice e pratico selfie-stick e il timer per l’autoscatto, anticipato dalla parolina magica “Sorriso”. Sinceramente Anch’io mi sono fatto molte volte questa domanda,mi sono chiesto se forse era il caso di passare ad una macchina professionale dal momento in cui la mia passione e la mia enfasi cresceva. Tuttavia, come detto sopra, tutto è iniziato casualmente, appunto impugnando il cellulare e credo che questa voglia di “non impegnarsi”,questa voglia di “improvvisare”,questa voglia di “far accadere le cose per puro caso, senza trascinarle più di tanto” sia un po’ il filo conduttore di tutto il progetto. Avere una macchina al collo implica già il fatto di aver intenzione di scattare qualcosa/qualcuno, avere un cellulare in tasca e tirarlo fuori solo nel momento in cui si ha un’idea, si vede qualcosa di figo o si ha voglia in quel momento di scattare una foto, lo leggo come qualcosa di molto più spontaneo, senza forzature.
D. Come scegli con chi realizzare gli scatti e qual è il mood dello shooting?
R. La scelta non va quasi mai a ricadere sull’aspetto estetico dei soggetti. Il mio progetto vorrebbe innanzitutto sdoganare il cliché della bellezza greca e far denudare anche e soprattutto soggetti che non appartengono al prototipo estetico medio della nostra società. Quello che cerco di percepire nell’altro/a è più che altro la sua anima, quello che ha da raccontare, quello che ha vissuto e quanto è propenso/a a farlo vedere a tutti. Un fattore importantissimo invece è la loro comfort zone. Le ambientazioni dove avvengono le mie foto coincidono per lo più con le comfort zone dei soggetti con cui scatto. Loro mi indicano dove si sentono al sicuro, dove si sentono a loro agio, dove si sentono loro stessi a tal punto da potersi denudare e sentirsi liberi,senza più nessun filtro, nessuno schermo. Siamo noi. Io, loro e le nostre nudità. Siamo pronti a confessarci, siamo pronti ad ascoltarci, Siamo pronti a toccarci, a sentirci e a fonderci in un corpo solo. Senza giochi di forze, quasi amorfi. Siamo pronti a sostenerci gli uni con gli altri. Io reggo te, tu reggi me.
E una volta scattata la foto è sempre bello stare lì a guardarla insieme, a cercare di capire cosa e come potrebbe funzionare meglio. Già, perché alla fine non è la mia foto o la foto che io faccio all’altra/o, ma è la nostra foto fatta assieme. Ed è bellissimo quando entrambi siamo soddisfatti del risultato e ci fermiamo nudi a chiacchierare. Sì, perché finalmente non abbiamo più bisogno delle mutande, siamo animali che non si vergognano. Che si guardano e si parlano. E sarà stupendo quando ci rincontreremo fuori dalla comfort zone e ci diremo:” Ciao, come stai?” o meglio ancora, faremo finta di non riconoscerci.
D. Qual è stato lo shooting più folle e divertente che hai realizzato?
R. Devo dire che è sempre abbastanza folle e al tempo stesso divertente mettersi nudi nelle più diverse situazioni e location. Una che ricordo particolarmente e sempre con un grande sorriso, è nel corridoio di un hotel. Io e il mio amico eravamo lì completamente nudi cercando di scattare questa foto che avrebbe sfruttato la profondità e la luce cupa del corridoio. Ad un tratto esce da una camera, con il carrello degli asciugami puliti, un’addetta alle pulizie. Immediatamente l’abbiamo sorriso e detto:”Ah eccola, stavamo cercando proprio lei. Può per favore darci due accappatoi?”
D. Quale messaggio ti piace trasmettere attraverso i tuoi scatti? Quali sensazioni credi o speri percepisca lo spettatore?
R. Cerco sempre di creare un “quadro romantico”. Punto comune delle mie foto sono gli abbracci, il contatto,il fondersi, il toccarsi completamente senza vestiti cercando di far capire alla gente che il termine nudo non è necessariamente legato al porno o al volgare ma che può essere visto in tutt’altra maniera. “Less is more”, i vestiti sono buttati e lanciati via per far vedere ogni singola parte del corpo che abbraccia e tiene a sé quella dell’altro/a.
D. C’è un fotografo a cui ti sei ispirato o che ami particolarmente?
R. I fotografi e gli artisti a cui mi sono ispirato sono in realtà moltissimi. Credo sia assolutamente sbagliato non riconoscere la bellezza nell’altro/a e non cercare di farla propria, ovviamente personalizzandola e rendendola speculare. Uno in particolare è Adey . Mi hanno sempre affascinato i suoi lavori e soprattutto fatto riflettere tanto. In lui ritrovo una dolcezza primordiale e al tempo stesso una forza e carica energetica devastante!
D. Parliamo un po’ di te Pasquale. Hai tantissimi tatuaggi. Cosa raccontano di te? Cosa ti piace dei tatuaggi?
R. I miei tatuaggi! Sì, credo sia assolutamente la domanda più gettonata che mi viene posta. Purtroppo, penso che viviamo in un’epoca in cui il tatuaggio sia diventato moda e non arte. La gente cerca di tatuarsi prima di tutto posti ben visibili:viso, mani, collo. Non tutti sanno che, una volta, soprattutto secondo la cultura giapponese, ci si poteva tatuare le mani solo se si aveva il 90% del corpo completamente tatuato e solo superando diverse prove imposte dal maestro.
Io credo sia legato ad un’idea più “old” del tatuaggio. Tutti i miei tatuaggi, ogni singolo tatuaggio, è pensato per quella parte del corpo e racconta una determinata storia. È un quadro, è un’opera d’arte che è appesa sul mio corpo e che custodisco gelosamente.
Certo, sono anche innamorato dei “tattoos random”, un po’ più punk, l’importante è che lo siano nell’essenza e non nell’estetica.
D. Per lavoro fai l’animatore per le feste dei ragazzini. Lavoro che fai con passione. Come riesci a coniugare il tuo lavoro con la fotografia? Mai avuto problemi per le tue foto?
R. In realtà, tecnicamente, sarei un animatore a 360°. Questo significa che posso occuparmi e posso organizzare e animare una festa di piccini così come posso mettere musica e fare un dj set per una festa di 18anni. Tuttavia, alla domanda:”Cosa fai nella vita?”mi piace sempre rispondere:”Il Pagliaccio!”. È molto bello ed interessante vedere la reazione della gente. Alcuni stupiti, alcuni increduli, alcuni diffidenti e poco inclini a credere che sia vero. Invece è proprio così! Per vivere e pagare le bollette faccio il Pagliaccio e amo immensamente farlo. Adoro e mi affascinano tantissimo le situazioni antitetiche. Vivere agli antipodi del tutto e del niente. Essere ricoperto di tattoos, ma farli scomparire del tutto sotto a un frac rosso o a pois. Adoro non prendermi sul serio. Amo essere preciso e minuzioso. Mi piace tantissimo essere incoerente e vivere situazioni agli antipodi. Una volta mi è stata fatta una domanda :”A te piace che la gente rida di te o rida per te?”. A me piace che la gente rida, ma soprattutto che pianga.
D. Pasquale, grazie per il tempo che ci hai concesso. Spero di incontrarti presto per le strade di Roma. Ti salutiamo chiedendoti un ultima curiosità, quali sono i tuoi sogni e i tuoi progetti per il tuo futuro?
R. Penso che il futuro sia adesso ed ora ho così tanta voglia di vivere! Fin da piccino, non sono mai stato un tipo da “buoni propositi” o da “progetti per il futuro”, ho sempre vissuto il presente senza forzare nulla, prendo e tengo stretto con tutto me stesso quello che arriva. Ho sempre pensato che le cose inaspettate, non programmate siano le più belle. Che essere svegli sia meglio di dormire e che tutto ciò che ci succede non sia legato al caso, ma neanche al destino.
Grazie a voi, un sorriso.
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Facebook: Pasquale Puertosol Desantis
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