Yuri Simonini, nato a Milano nel 1988, inizia il suo percorso nell’illustrazione da autodidatta, creando artwork per i propri progetti musicali, aderendo allo spirito DIY. Dal 2022, sotto lo pseudonimo di IPSILON ILLUSTRATION, esplora un universo interiore fatto di contrasti profondi, in cui mente, cuore e desiderio carnale si scontrano e si fondono in un flusso emotivo continuo. La sua arte, apparentemente semplice, è intrisa di significati complessi: oggetti banali del quotidiano, come cibo, preservativi o carta igienica, si trasformano in simboli potenti, capaci di raccontare con ironia le fragilità, i desideri nascosti e le perversioni della condizione umana.
Ho avuto il piacere di ospitare Yuri Simonini nella rubrica “tsquirt incontra” e di ricevere da parte sua una splendida illustrazione di una vulva che indossa la t-shirt cult “Ditaliano – Ricami e Passioni” by tsquirt. Senza ulteriori indugi (Cit.) spazio alle parole e alle illustrazioni di Yuri Simonini in arte Ipsilon Illustration.
Ciao Yuri, è un piacere per me intervistarti ed ospitare sul magazine le tue illustrazioni. Partiamo subito con le domande. Quali sono i primi disegni realizzati da te di cui hai ricordo e quando ti sei accorto che il disegno, l’illustrazione, stava diventando la tua passione?
Ciao, il piacere è mio. Grazie per questo invito. I primi ricordi legati al disegno risalgono alle ore interminabili in classe in cui riempivo i quaderni di schizzi per sfuggire alla noia. I primi lavori più consapevoli, però, sono nati per le band in cui suonavo: copertine, poster per eventi, animazioni per i video. Ma era più che altro una necessità per equilibrare le spese e i pochi guadagni che la scena underground consente.
È diventata una vera passione durante un periodo complesso della mia vita, un momento in cui avevo bisogno di qualcosa di terapeutico che mi permettesse di liberare quello che avevo dentro, una sorta di meditazione creativa.
Il tuo percorso è da autodidatta. Quali difficoltà hai affrontato che secondo te con un percorso di studi specifico avresti potuto superare prima? In cosa invece un percorso di autodidatta pensi possa averti aiutato?
Sicuramente, una formazione tradizionale avrebbe accelerato i tempi nell’apprendere tecniche e nel trovare un metodo. Credo che una formazione in qualsiasi ambito sia sempre un vantaggio, l’unico pro di un percorso da autodidatta è che mi ha obbligato a concentrarmi sul significato di ciò che volevo esprimere, sul bisogno di comunicare. Non avendo le capacità tecniche ho evitato il rischio di cadere nella trappola dell’estetica fine a se stessa, quella bellezza che affascina solo per la sua complessità o difficoltà esecutiva.
Mi hai raccontato che i tuoi primi artwork sono legati ai tuoi progetti musicali nello spirito del DIY. Che genere è la tua musica e in che modo i tuoi disegni sono legati ad essa?
È sempre complesso autodefinirsi, ma direi post-rock psichedelico. Forse, però, è più semplice ascoltarla direttamente: basta cercare The Weakest Baboons o TNPM su Spotify per farsi un’idea più precisa.
Quello che la musica mi ha insegnato, più di tutto, è l’importanza di avere una propria identità, di essere riconoscibile e, per quanto possibile, unico.
Entriamo nel mondo di Ipsilon Illustration. Prima domanda, come mai questo nome?
Da giovane ero l’unico, nel mio gruppo di amici, ad avere un nome che iniziava per Y. Così, nelle chat e nei messaggi bastava scrivere una semplice Y per far capire che ci si riferiva a me. Col tempo hanno iniziato a chiamarmi cosi anche di persona ed è sostanzialmente diventato il mio soprannome. È stato quindi naturale, quando ho deciso di dare un nome al mio progetto, chiamarlo Ipsilon Illustration, ma scritto per intero. Mi piacerebbe dire che l’ho scelto per un contrasto, come se quella Y scritta per esteso fosse una risposta alla sua origine contratta. La verità, però, è che scritto solo con la lettera era già preso da qualcun altro. Col senno di poi la trovo anche più bella esteticamente quindi un giorno dovrò andare a ringraziarlo.
Le tuo opere sono realizzate in acrilico e digitale. Hai una preferenza rispetto queste due tecniche?
Ognuna delle due tecniche ha i suoi pregi. Dipingere in acrilico, come dicevo prima, ha qualcosa di profondamente meditativo; vedere nascere fisicamente un’immagine su una tela bianca è un’esperienza che dà una grande soddisfazione. Per motivi di spazio, costi e accessibilità, il digitale è diventato nel tempo il mezzo che utilizzo di più. Lavorare in digitale mi permette anche di concedermi più margine di errore e di sperimentare, disegnare soggetti più complessi, ed ottenere un risultato più fedele a quello che ho in testa.
Molto bello l’utilizzo del colore. Sia nelle illustrazioni in cui ne utilizzi pochi che in quelle in cui ne utilizzi di più. I tuoi disegni sono vivi. Così come molto bello è il tratto. I tuoi disegni sembrano un mix tra il punk e il pop. Come definiresti invece tu la tua arte? Ti ha ispirato qualche movimento artistico, sottocultura o è un po’ tutto il tuo background in generale che ha generato il tuo modo di esprimerti artisticamente?
Un’arte di consumo, accessibile e capace di esprimere concetti universali. Quando il progetto ha iniziato a prendere forma, una delle sfide principali è stata quella di definire una cifra stilistica chiara e riconoscibile. Volevo creare illustrazioni che, a colpo d’occhio, fossero immediatamente riconducibili a me.
L’uso del colore è nato dai soggetti stessi. All’inizio, rappresentavo sempre un cuore o un cervello declinati in vari modi, e avevo bisogno di un colore che li facesse risaltare rispetto allo sfondo. Così è entrato in gioco l’azzurro, un contrasto che poi è diventato il mio tratto distintivo ancora più che i soggetti.
La street art e gli artwork legati al mondo musicale, tipo Malleus per citarne uno, hanno influenzato, anche se in modo inconscio, la mia estetica e il modo in cui mi è venuto naturale creare immagini ma non ho mai avuto un riferimento o un modello preciso, sostanzialmente solo il mio gusto personale.
I soggetti delle tue illustrazioni sono vari. Spesso i tuoi disegni sono sarcastici e irriverenti, altre volte più sentimentali. Testa e cuore. Passioni e trasgressioni. Comune denominatore è il fatto che comunque fanno riflettere. Come nasce il processo creativo che dalla mente ti fa realizzare una tua opera? Dove trai ispirazione?
Sarcasmo e ironia sono elementi essenziali del mio sguardo sul mondo;
Sono linguaggi che mi appartengono in modo naturale e che spesso ritengo essenziali per permettermi di alleggerire temi che, altrimenti, sarebbero complicati da sostenere emotivamente.
L’ispirazione principale mi arriva dal quotidiano: sono le esperienze che vivo, gli incontri, e gli eventi che mi attraversano a suggerirmi i temi da esplorare. A volte è sufficiente un accostamento insolito o un dettaglio curioso per accendere un’idea; altre, è un evento doloroso ad accendere una scintilla creativa. Da lì parte una ricerca spasmodica su come tradurre tutto questo in immagini.
Ho avuto il piacere di conoscerti tramite Instagram. Piattaforma social piena di contraddizioni. Che rapporto hai con i social e con la loro censura?
Recentemente molto conflittuale:
Ultimamente ho un rapporto conflittuale. Da un lato, mi permettono di raggiungere un pubblico ampio che difficilmente avrei potuto toccare in così poco tempo e fino a qualche tempo fa offrivano anche una certa libertà artistica, senza troppe censure. Ma ultimamente, mi accorgo che diversi lavori vengono cancellati senza una reale motivazione. Trovo assurda la repressione della rappresentazione di capezzoli femminili o di altre forme di nudità, per fare un esempio, ma non mi sorprende. Queste piattaforme sono prima di tutto aziende private, con logiche di profitto e figlie di una società ancora profondamente bigotta e moralista. Viviamo in un paese dove il topless in spiaggia è considerato un atto trasgressivo. Mi ricorda un po’ quando nel 1600 nei quadri di Michelangelo si coprivano i genitali per motivi di “decenza” e mi auguro che si arrivi presto allo stesso livello di consapevolezza per cui oggi quel genere di censura viene considerata stupida e insensata “Ditelo al Papa: è un ritocco semplice da fare. Ma che cominci lui a ritoccare il mondo, e i dipinti seguiranno” – citando lo stesso Michelangelo.
Nota: Mettere nella stessa frase Michelangelo e i miei disegnini è parso eccessivo anche a me.
Stai lavorando a qualche nuovo progetto? Ho visto che hai realizzato anche delle t-shirt, dovremmo farne una insieme con tsquirt. Te la butto lì.
Di recente ho avuto il piacere di collaborare con Genuine Studio, un laboratorio di stampa serigrafica attivo sul territorio da molti anni che fa cose davvero fighe quindi sono davvero contento di aver fatto qualcosa con loro. Sono ancora disponibili sul loro sito quindi potete ancora trovarle. In generale collaborare con altri artisti e progetti è una cosa che mi piace molto. è un modo prezioso per uscire dal distacco che la pubblicazione su social impone e di entrare in contatto con un idea di condivisione che un po’ si è persa e che era una parte fondamentale di quei progetti che mi hanno ispirato in adolescenza. Se aggiungiamo che tsquirt è un nome geniale per un brand di abbigliamento e che apre istantaneamente un sacco di idee creative non posso che accettare.
Yuri, grazie ancora per il tempo che mi hai concesso nel realizzare questa intervista. Come di consueto, mi congedo da te con l’ultima domanda di rito. Quali sono i tuoi sogni come artista e quali quelli a livello personale?
Grazie a te per questo spazio, e per le domande molto interessanti. Rispondo a entrambi nello stesso modo: non perdere mai né le idee né la passione. Sono le due costanti che, nella vita come nell’arte, mi fanno sentire vivo.
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