Le vie dell’eiaculazione sono infinite, riflessioni e risposte su:
Vieni? Primo porno festival a Catania
di Leda Gheriglio
Questo testo era stato concepito come intervista, ma non riesco a non cianciare in prima persona per cui alla fine ho deciso di blaterare liberamente e inserire anche qua e là alcune voci degli amici che hanno messo in piedi il primo festival porno a Catania.
Catania è la mia città natale e la città dove ho vissuto ininterrottamente fino a 24 anni. Passo comunque ogni estate e ogni Natale nella mia città perché lì c’è la mia alla famiglia e tutto quello che amo e che odio. A Catania c’è tutto quello che conosco e tutto quello che è ancora ignoto al tempo stesso. Per me nessun posto è come Catania e i motivi sono numerosi e non ve li dirò.
Anni fa stavo lavorando a una ricerca sui cinema catanesi: quelli scomparsi, quelli ancora in uso e quelli a luci rosse. Facevo innumerevoli giri per la città e con persone diverse, addette ai lavori, per ficcanasare e scattare foto e prenderne da archivi privati. Come in tutte le cose mi spingeva una qualche apatica lussuria che alla fine non mi fece concludere il percorso di ricerca sui cinema perché inciampai in una storia di passione con un proiezionista. Mi fermo mentre scrivo perché quella fu una storia incredibile che oggi, dopo tanto tempo, non mi pare sia vera. Una parte di me vorrebbe raccontarvi quanto mi piacesse scopare dentro un cinema di giorno, di notte, in sala, sotto lo schermo, in cabina di proiezione, ma l’altra parte di me non vuole.
Ecco quindi per spezzare il mio flusso di parole, la prima domanda ai protagonisti di “Vieni?”, il primo Festival Porno a Catania.
Leda Gheriglio: “Perché il porn fest?”
Massimo Ferrarotto: “Quando nominiamo la parola porno, la prima cosa che ci viene in mente è qualcuno (generalmente di sesso maschile) che si masturba guardando un film. Questo va bene, sicuramente è una delle principali funzioni che la pornografia ha sempre avuto. Per quanto mi riguarda il desiderio rispetto al porn fest è un altro: avere l’opportunità di trattare la pornografia come importante e politica forma d’arte, poter usare uno o più spazi, che normalmente vengono utilizzati per rappresentare altro… con il medesimo pubblico, affrontando di petto tutto ciò che è luogo comune. Mi riferisco a porno non mainstream; abbiamo provato a raccogliere materiale che ha usato il porno come veicolo di controcultura. Insomma, provare ad approfondire il discorso pensando al forte impatto culturale che ha sulle persone e l’interessante funzione che ha sempre avuto da un punto di vista sociologico.
Per me e il collettivo di cui faccio parte si tratta di una prima esperienza, con tutti i limiti che questo può comportare, ma ce la stiamo mettendo tutta, tenendo presente che ci stiamo lavorando da quattro mesi. Inoltre il momento ci sembrava più che propizio considerato lo scenario politico che stiamo vivendo. Come direbbe Stoya: il prossimo bersaglio dopo musulmani o transgender potremmo essere noi sex workers.
Già da un po’ di anni esiste un movimento underground internazionale che tenta di affrontare il porno con questo spirito: un esempio da citare per tutti potrebbe essere il New York City Porn Film Festival, la cui prima edizione si è svolta l’anno scorso”.
Tornando a me e al mio piccolo tuffo nel passato…
Stavo scrivendo per narrarvi un episodio che mi capitò in Via di Sangiuliano a Catania durante le mie ricerche sui cinema catanesi. Entrai ventunenne all’ingresso del cinema a luci rosse, facendo trasalire il bigliettaio, e sorridendo dissi: “un biglietto per favore”. L’uomo mi guardò inorridito e mi rispose: “no signorina, io il biglietto non glielo faccio”. E io, stranita: “le mostro il documento, sono maggiorenne”. E il bigliettaio: “no signorina non è per questo…”. Leda: “E per cosa? Sono maggiorenne, voglio vedere la sala”. E lui “no guardi io non posso fare entrare una donna sola là dentro. C’è una proiezione in corso e non è un posto per signorine come lei”. Ci rimasi male, ma capii che dentro volava sborra e si facevano trenini nei bagni, etcetera. Andai via delusa e senza lottare per ottenere ciò che mi spettava di diritto. Parlo di questo episodio perché il sistema festivaliero di oggi ha totalmente ripulito il concetto di proiezione a luci rosse.
La ragione profonda della mia perplessità è probabilmente legata a doppio filo al cattolicesimo, ma questo giudizio lo lascerò a voi, opinionisti scatenati.
La sala pornografica è una sala zozza, un posto dove ci si reca con vergogna e circospezione, un luogo buio dove la mano parte e lo schizzo guizza. La sala di un festival porno è come la sala di qualsiasi altro cinema. È una sala affollata di persone colte, politicamente attive, che hanno una consapevolezza X del proprio corpo, che portano avanti delle battaglie o stili di vita puliti ed eticamente ineccepibili. Non c’è niente di zozzo, nessuna sfumatura di complessità. C’è tanto orgoglio di essere liberi, di vivere a pieno nel “concetto di consenso” e di esibire le proprie passioni per categorie sessuali specifiche, preferibilmente molto particolari. Si tratta di un sesso imperante e riabilitativo, educativo e rappresentativo. Io non capisco cosa stia accadendo, ma qualcosa accade. Nella mia mente la sala di proiezione hard è un luogo di promiscuità e onanismo; il new porn in sala comporta uno spontaneo contegno.
Leda Gheriglio: “Guardandomi intorno molto porno oggi mira all’estetizzante, alla video arte e al politically correct, che noia. Quindi”?
Monica Stambrini: “E’ vero. In qualche modo collego quest’ultima tendenza del porno con il post-porno, movimento nato negli anni 80 come riappropriazione politica del porno da parte delle donne e del mondo queer, una reazione all’immaginario mainstream che sembrava rappresentare l’unico porno possibile. Le donne volevano emanciparsi (anche nel porno) e ridisegnare alcune regole, rivendicando un atteggiamento positivo verso il sesso e la pornografia che, in quegli anni, molto femminismo contestava ferocemente. Oggigiorno il post-porno, mantenendo la sua indipendenza produttiva e distributiva (lontana da colossi come Porn-Hub & co.) ed essendo sempre più veicolato da festival e siti di porno femminista (e di conseguenza molto di moda ora che si fa un gran parlare di punto di vista femminile). Ma come spesso accade quando un movimento prende piede dettando nuove regole e, volendo, affermando una nuova verità, finisce per diventare normativo e non più libero di esplorare. Si arriva cosi, a mio avviso, alla contraddizione per cui alcuni ambiti queer/lesbo e post-porno sono diventati oggi più normativi che mai… con la conseguenza di perdere un po’ di libertà e di inclusività che sono proprie del porno – quel suo continuo mutare e spingersi oltre ogni frontiera sociale, culturale, ideologica. Ripiegare sulla video arte e sul politically correct è diventata la norma per distinguersi dal porno “mainstream” ma senza fare i conti – a mio parere – con le contraddizioni e la complessità del desiderio, del maschile e del femminile e del porno in generale. Il porno, più di qualsiasi altra espressione culturale, riflette lo spirito del tempo, e il politically correct in materia di donne sembra essere di questi tempi l’unico approccio possibile. Ma sono certa che questi confini, queste regole, saranno strette a molte donne per prime. Cosi come le regole della censura sessuale sono strette al cinema e infatti sempre più questo si sta appropriando della libertà di narrare la sessualità e di metterla in scena esplicitamente. Io mi auguro che possa cadere sempre di più quella barriera che esiste fra porno e cinema, fra narrazione e identificazione. Perché nel porno ci si vuole identificare e riconoscere, ritrovare e confondere. Nella complessità e nella contraddizione dell’essere umano, senza moralismi, senza paternalismi. Nemmeno da parte delle donne”.
Leda Gheriglio: “L’osceno privato (messo in scena), non esiste più, il voyeurismo nemmeno. Probabilmente la pornografia oggi è nelle chat private di Whats App e nei radi “freak” in via d’estinzione da cui io stessa mi tengo alla larga. Chissà, forse prima il guardone con la minchia in mano e gli occhiali da sole o gli altri tipi riconducibili a “libidini borderline”, non si ponevano nemmeno l’idea dell’”altro”. In poche parole, in un apparente, ingombrante e impegnativo tripudio di positività amorosa e sessuale, l’intolleranza verso qualcuno è molto più estrema. Che poi, alla fine, sticazzi in ogni caso”.
Emiliano Cinquerrui: “Rifiorirà la speranza solo a chi poggerà il capo sul seno di una madre”.
Fine delle domande, fine delle risposte.
“I know when to go out
And when to stay in
get things done”.
(Modern Love – David Bowie)
La cosa veramente fica è che le cose non cambiano mai veramente.
Ora, i miei deliri di scrittura sono birichini pochino così non vi annoiate. Del porn Festival di Catania so davvero poco. Sarà presente Valentina Nappi, nome altisonante. Ma sarà presente anche Lydia Giordano che leggerà il mio libro Uroboro e io presenterò il mio primo corto dal titolo: “Andy, in 2019 we’re still thinking about you”, girato il mese scorso a Bologna con un budget di 90 euro. Mentre scrivo sto guardando un documentario sul caracal e, ragazzi, fa dei salti straordinari, di rara bellezza. Io per molto meno mi riduco a fare fisioterapia per due mesi.
Il festival di Catania si terrà dal 24 al 26 maggio al Teatro Coppola, in via del Vecchio Bastione 9, Catania. Saranno giorni molto belli per me, per altri catanesi non saprei, ma la vita è troppo lunga per preoccuparsi di cose simili. Il programma: (CLICCA QUI)
Contatti
Sito: cataniapornfest.com
Facebook: @vienicataniapornfest
Evento Facebook: Vieni? Catania PornFest 2019
Instagram: @vieni_cataniapf

Condivisione Rumorosa di arte erotica ricercata e sconosciuta, di sontuosa volgarità e raffinata pornografia.